lunedì 30 marzo 2015

Il mistero di Atlantide

Un excursus sulle principali teorie relative al continente perduto.


Sulla base di antichissime tradizioni egizie raccolte dal legislatore Solone, Platone (427-347 a.C.) ci narra le vicende di popoli un tempo potenti, ma di cui la storia non ha potuto conservare alcun ricordo a causa di cataclismi che hanno provocato la mancata conservazione del sapere. Una delle prove più affascinanti sulla verosimiglianza dei suoi resoconti è il passo in cui racconta del continente opposto ad Atlantide, separato da questa dalle Antille: in pratica ci sta parlando dell’America duemila anni prima di Colombo.
È stato ipotizzato (pur se non dall’Archeologia ufficiale) che tra il cambriano e il cretacico (11.000 anni fa ca) fosse emerso nell’Atlantico un continente che occupava la zona adesso corrispondente a Groenlandia, Islanda, Azzorre, Canarie e Madeira. E se l’etimologia ci fa pensare al mitico gigante che reggeva il Mondo sulle spalle, pare che il nome possa derivare dalla parola azteca “atl”: acqua.
Dopo la Conquista, si scoprì un’antica leggenda degli indigeni del Messico, trascritta nel Codice Aubin, che iniziava con queste parole: “Gli Uexotzincas, i Xochimilacas, i Cuitlahuacas, i Matlatzincas, i Malincalas abbandonarono Aztlan e vagarono senza meta”. Aztlan era un'isola dell’Atlantico, e le antiche tribù che vi vivevano avevano dovuto lasciarla perché stava sprofondando nelle acque. Dall’isola, i superstiti avevano preso il nome: si facevano infatti chiamare Aztechi, ovvero “Abitanti di Aztlan”.
C’è chi identifica il continente perduto con Santorini (Thera), la cui eruzione provocò la scomparsa della civiltà minoica. Altre Atlantidi sono state collocate a largo della Cornovaglia dove sarebbe sprofondata la mitica città di Lyonesse, in Brasile, Nord America, Ceylon, Mongolia, Sud Africa, Malta, Palestina, Prussia Orientale, Tartesso e Antartide.
In ambiente esoterico è diffusa la credenza che la sfinge e la piramide di Giza fossero il prodotto di una civiltà antecedente a quella egiziana. Dato il clima secco dell’Egitto a partire da 6.000 anni fa e il fatto che la Sfinge è rimasta sepolta sotto la sabbia per secoli, l’erosione risulta spiegabile solo alla luce di una retrodatazione di parecchi millenni, al periodo di forti precipitazioni che corrisponde alla fine dell’ultima glaciazione.
Le piramidi di Giza non erano state costruite per seppellire il faraone, ma per mantenere vive le conoscenze dell’umanità. Ammiano Marcellino (IV secolo d.C.) afferma che nelle piramidi “vi sono anche alcune gallerie sotterranee e cavità tortuose, che, a quanto si dice, gli esperti degli antichi riti, presaghi del futuro diluvio e per timore che si cancellasse il ricordo delle antiche cerimonie, costruirono faticosamente in diversi luoghi scavando profondi sotterranei.”
Giza è considerata un grande orologio astronomico. Le piramidi sono l’esatta immagine allo specchio della costellazione di Orione e i condotti per la ventilazione della piramide di Cheope puntano in direzione della costellazione di Orione e di Sirio che rappresentano Osiride e Iside. Ecco perché molti studiosi tendono a considerare la piramide di Cheope un tempio.
Dopo il Grande Diluvio dovuto allo spostamento dei poli, al conseguente scioglimento dei ghiacci e forse anche ad altre cause, questa civiltà sarebbe scomparsa lasciando tuttavia alcuni nuclei di vita, affidati alla casta sacerdotale, dispersi per il mondo. Le colonie sopravvissute furono in grado di riaccendere i fuochi delle nuove civiltà.
Le cause della scomparsa di Atlantide vanno dall’eruzione vulcanica alla guerra nucleare, fino alla caduta di un asteroide o di una seconda luna che avrebbe orbitato intorno alla terra. La scomparsa di un continente avrebbe modificato le correnti oceaniche e di conseguenza il clima, con nuove glaciazioni e zone desertiche. In epoca post glaciale, il livello del mare avrebbe raggiunto quote superiori ai 70 m (fino a 200 secondo alcuni atlantologi) dei limiti ora riconosciuti. Il fenomeno potrebbe essere stato causato dall’urto di un meteorite in grado di modificare la posizione dei poli al punto di provocare il disgelo. Tutto ciò avrebbe portato a una serie di reazioni a catena e il conseguente inabissamento di vari territori (vedi le Bahamas). Ed è questo arcipelago che fu luogo di una sconcertante profezia: nel 1940, il medium Edgar Cayce profetizzò per 1968 il riaffioramento dei resti di Atlantide a Bimini. Fu proprio il primo maggio del ‘68 che il paleontologo, geologo e archeologo Manson Valentine si imbatté in costruzioni subacquee di origine umana. Sempre dal fondo del mare (in una zona a circa 900 km a nord delle Azzorre), vennero raccolti dei campioni di tachilite, roccia eruttiva che si solidifica solo all’aria aperta.
Alcuni studiosi sostengono addirittura che le dorsali oceaniche sono i pezzi mancanti del puzzle della pangea e quindi terre un tempo emerse. Tutto questo ci porta a considerare anche gli altri oceani. Credenze esoteriche infatti collocano la leggendaria Lemuria nell’Oceano Indiano, e Mu, il continente-madre, nel Pacifico.
Oltre allo Ziusudra mesopotamico (poema di Gilgamesh), anche le tradizioni iranica e indiana comprendono le narrazioni del diluvio: il Noè indiano è chiamato Vaivaswata e Satyavrata, in Grecia abbiamo Deucalione e Ogige, in Cina Fo-Ki, dall’altro lato dell’Oceano il peruviano Bochica. In totale si contano circa 70 racconti extrabiblici del diluvio di cui 13 asiatici, 4 europei, 5 africani, 9 oceanici e 37 americani.
Ogni libro ha la sua teoria, ma se la memoria di questo continente è stata tramandata oltre i secoli, significa che qualcuno è riuscito a salvarsi. Da dove può essere nata l’idea di monumenti tanto affascinanti quali le piramidi? Mi chiedo se non possano essere la celebrazione di quelle montagne naturali, di quei “pezzi di terra” che, sopraelevati, riuscirono a salvare gli uomini dalla catastrofe e permettere loro di raccontare ai posteri quanto successo. I nomi e le caratteristiche degli dèi mesopotamici, egizi, greci non potrebbero essere ricordi di uomini e donne realmente vissuti e ora presenti nelle memorie dei loro pronipoti… velati dal mito e dalla nebbia del tempo?
Per eventuali vostre speculazioni, vi rimando come di consueto ai consigli di lettura dell’immagine.
Che la Dea vi benedica
Anonima Strega

domenica 8 marzo 2015

La caccia alle streghe

Ricordare per celebrare le donne di ieri, oggi e domani.



In questa giornata dedicata alla donna vorrei ricordare un argomento che ci sta particolarmente a cuore, ovvero quegli anni bui in cui povere plebee e contadine, esperte nella cura con le erbe o a conoscenza di pratiche legate alla superstizione popolare, venivano torturate e bruciate in nome di un Dio che le vedeva spose del demonio.
A partire dalla fine del 1400, per circa due secoli, in Europa si scatenò una persecuzione che raggiunse il livello di flagello sociale, soprattutto nel periodo che va dal 1580 al 1670. Le ragioni di questa ferocia sono esposte nel celeberrimo “Malleus Malleficarum” (o “Martello delle streghe”) dove si ribadisce ripetutamente l’accusa di eresia, in una società in cui l’appartenenza alla religione cristiana non poteva essere messa in discussione.
Spesso, però, si trattava di povere donne che neanche sapevano per quale motivo venivano accusate (talvolta addirittura vittime di dicerie paesane) e, pertanto, stremate dalla tortura, finivano per confessare, per poi essere bruciate al rogo. Se ammettevano i propri errori, avevano l’attenuante dello strangolamento prima di essere arse vive. Ma le “prove” stesse con cui una strega veniva giudicata tale già apparivano come vere e proprie torture. Basti pensare al “marchio della strega”: le accusate venivano punte per tutto il corpo alla ricerca di una parte insensibile, dove si presumeva si trovasse il marchio di Satana. Per non parlare della prova dell’acqua: la presunta strega veniva gettata in acqua legata a un masso. Se galleggiava veniva accusata di essere in combutta col diavolo, e quindi giustiziata. Se andava a fondo e moriva... era innocente. L’ignoranza delle contadine, alla luce di queste sciocche presunzioni degli inquisitori, appare minima.
Si bruciano queste donne, e ci si purifica dalla presenza del Diavolo.
La natura della donna, vergine e madre, il suo piccolo posto all’interno della società, la sua sottomissione all’uomo sono aspetti scaturiti dalla dottrina cristiana che non devono essere superati con l’evolversi dei tempi. Ciò che appare deviante rispetto a queste “leggi”, ciò che spaventa, deve essere fermato.
Ma la verità è che tutte queste conoscenze derivano da una religione ben più antica del cristianesimo, una sapienza che dai popoli mesopotamici ai celti vedeva nella Dea femminea e nella donna in generale il vero fulcro della vita. Queste “streghe” non hanno niente a che vedere con il Demonio dei cristiani, ma sono radicate nei riti pagani di epoca antecedente dedicati alla glorificazione della natura, alle feste legate ai cicli stagionali, al culto della donna in quanto detentrice del potere di donare la vita. Qualcosa che nella società moderna doveva essere assolutamente nascosto dall’uomo con nuove festività sovrapposte alle vecchie e con la repressione di tutte quelle donne che non si adattavano alle nuove regole.
Se il culto delle streghe va fatto risalire all’epoca precristiana, alla natura, alla fertilità, all’aspetto gioioso dei rituali, il travisamento degli inquisitori appare evidente. Queste teorie sono esposte in maniera chiara ed esaustiva nel noto “Le streghe nell’Europa Occidentale” dell’antropologa Margaret Murray, che fra l’altro tratta le deposizioni delle accusate dando risalto ai dettagli illogici dello svolgimento dei processi. Dovendo cercare invece un compendio agile e di facile accessibilità, ricco di suggestioni iconografiche, per un’infarinatura generale sull’argomento, consiglio “Le streghe, amanti di Satana” di Jean-Michel Sallmann (Electa Gallimard). Ma, chiudendo il cerchio sulla giornata di oggi, non posso mancare di segnalare un saggio di storiografia che fa parte di un ottimo progetto Laterza che va dall’antichità al Novecento: “Storia della donne”, di Georges Duby e Michelle Perrot, in particolare il volume “Dal Rinascimento all’età moderna.”
Vi lascio con la consueta immagine dei testi consigliati. E, se vedete le fotocopie della Murray, non mandatemi al rogo per pirateria. Sappiate che all’epoca in cui lo studiai era praticamente introvabile e se non l’ho in seguito acquistato in versione originale è perché ormai sono troppo legata alle mie sottolineature e appunti a lato.
Che la Dea vi benedica
Anonima Strega


Originariamente comparso su ildiariodellafenice.tumblr.com