"Questo personaggio fin dal primo abbozzo assomiglia molto ai demoni crudelissimi che tanta parte hanno nell'immaginario dell'autrice, e ai quali l'insita ferocia conferisce un carisma indicibile dovuto alla particolare tortuosità del percorso di ascesa fino alla redenzione." - Dal blog "Sognando tra le righe"
Care
consorelle e confratelli,
come
avete letto nell’introduzione all’Alchimista Innominato che ho postato pochi
giorni fa, non abbiamo a che vedere propriamente con il Conte del Sagrato, ma
con un personaggio che ha tutte le carte in regola per diventare un eroe
romance. Il mio Innominato
è un nobile despota sostenitore del vecchio governo fiorentino (le vicende si
svolgono nel 1348) che, dalla cacciata del Duca d’Atene (con cui si è macchiato
di sangue), si nasconde nelle campagne di Fiesole grazie alla protezione del
notaio ser Roderico, per la quale riceve in cambio favori di natura criminale.
Non ha fatto in tempo a voltare le spalle al Duca prima che con l’ultima
congiura ne cambiasse le sorti, ma è tra i pochi che sono riusciti a
scamparla. Nel frattempo, però, la vita isolata e gli studi lo stanno portando
su un’altra strada. La crisi di coscienza e il conflitto con la bella e
intelligente prigioniera, gli offrono spunto sulla materia che sta
approfondendo: la conversione del
metallo in oro, l’unione concreta con la compagna predestinata per compiere
insieme la Grande Opera, a parità di funzioni, come lo zolfo e il mercurio; la
trasformazione dell’energia sessuale nel corpo dell’adepto col fine di risalire
all’armonia e alla felicità perdute. Il suo intento alchemico non si fonda solo sui
pittoreschi laboratori tramandati dalla storia medievale ma sulla tradizione tantrica arrivata dalla via della seta, su antiche pergamene che si è procurato con non poca
difficoltà e non pochi fiorini d’oro. Ha commesso crimini sanguinosi ai danni di personaggi contrari
agli interessi del Duca d’Atene, ora se ne sta pentendo e, anche se
apparentemente indomabile e orgoglioso, qualcosa forse potrebbe ammorbidirlo...
La sua dimora
solitaria sorge in un luogo impervio e sperduto nelle campagne nei dintorni di
Fiesole, ed è qui che insieme a Lucia, appena rapita da ser Roderico, lo
vediamo la prima volta.
Vi lascio all’incontro,
e che la Dea vi benedica
Si strofinò le
mani sulla faccia e si lasciò scivolare lungo il portone, la schiena contro il
legno, le gambe piegate, le braccia e la fronte sulle ginocchia.
Un nuovo rumore
sulle scale la costrinse a sollevare la testa. Cosima non era già scesa?
C’erano altri servi? Che fosse il padrone?
Vide spuntare un
paio di stivali di cuoio appuntiti, poi brache di tela, lugubri e nere come la
sopravveste corta, tenuta in vita da una cintura dotata di enormi fibbie e
puntale, alla francese, e un uomo che la studiava intento, in un modo che le
rimetteva addosso l’agitazione del viaggio. Tuttavia si muoveva lento e non
sembrava in procinto di avvicinarsi di più, una volta giunto in fondo alla
scala, né di farle del male. Anzi, si diresse verso il camino, rimanendo in piedi;
sembrava abbastanza alto, e le lanciò solo un’occhiata distratta. Gli occhi
neri brillarono per il riflesso delle fiamme tanto da paralizzarla. Neri erano
anche i capelli mossi, non troppo lunghi. La linea della bocca dura. Lo vide
alzare le sopracciglia e voltarsi di nuovo verso il focolare, con un’aria di
superiorità che denotò totale indifferenza nei confronti di quanto gli stava
avvenendo intorno. Sui suoi tratti s’intrecciavano l’eleganza della nobiltà e
la durezza del marmo scolpito; nelle sue vesti e nei suoi modi, l’aurea del
soldato dismesso. Composto e al contempo selvaggio, come la costruzione in cui
viveva. Non c’erano dubbi che quello fosse il padrone di casa.
Per
quell’atteggiamento, Lucia avrebbe voluto insultarlo in tutti i modi possibili,
e dare così sfogo all’ansia e alla disperazione, ma il non tenere a freno la
lingua con ser Roderico le era costato caro, figurarsi con questo che esponeva
l’argenteria e aveva le loggette private...
«Cosima mi ha
detto che non volete salire.»
L’esternazione
la disorientò. Lui aveva parlato senza guardarla, e nel salone c’erano solo
loro due. «Ma...» Nessuno le aveva mai dato del voi. Non era una persona importante, tanto meno l’amata
di un cavalier cortese. Forse davvero lui non voleva
staccarle la lingua con le tenaglie o legarla alla coda di un mulo per
trascinarla lungo tutto il sentiero. «Dite a me?»
A quel punto la
guardò. Il mento solcato da un accenno di fossetta, piegato sul petto, quasi a
valutarla di sotto in su, seppure dall’alto. «Vedete qualcun altro?» Lucia si
strinse nelle spalle, confusa. «Non credete sia il caso di riposarvi?» Le
braccia allargate e poi fatte ricadere con compostezza lungo i fianchi. «Cosima
farà tutto quello che le chiederete.» Era strano. Aveva una voce forte, bassa e
scura, e modi di fare bruschi, paradossalmente educati e sprezzanti al tempo stesso.
Di conseguenza incuteva rispetto, più che timore. Fuori appariva molto meglio
di ser Roderico, sul dentro non avrebbe giurato. Non si era nemmeno
presentato...
«Cosima non fa
tutto quello che le chiedo.» Si rese conto dallo sguardo sdegnato di lui che
forse le era sfuggita una smorfia troppo accentuata e sconveniente. «A casa non
mi ci riporta.»
«Questo è un
discorso che affronteremo» ribatté lui, con un cenno d’approvazione del capo,
ma lo sguardo fosco e penetrante, «non stasera, però.»
«Il motivo per
cui sono qui non è un segreto» replicò lei alzandosi in piedi, una mano
appoggiata al portone alle sue spalle quasi per aggrapparsi a un’ultima
speranza di fuggire da lì. E non le importava più di tenere basso il tono della
voce. «Segreto è il motivo per cui voi vi rendete complice di questa crudeltà.»
Lo vide
deglutire, e i tre passi che fece verso di lei le sembrarono venti. «Ser
Roderico vi ha ben descritta, quindi sarete anche abbastanza intelligente da
capire che adesso è il momento di ritirarsi.»
«Perché lo state
aiutando?» Lui alzò un palmo con fare imperioso, ma lei non accolse il tacito
invito a zittirsi. «Cosa ve ne viene?»
«Vi ripeto che
non è il momento» nel dirlo, sollevò leggermente il capo e l’attenzione di
Lucia venne catturata di nuovo dalla fossetta.
«Voi avete un
segreto.»
Lo vide
corrugare la fronte, poi scuotere il capo. «Prego?»
«Il mistero
della vita.» Si picchiettò l’indice sul mento. «Qui. Avete il dito dell’angelo,
il segno del tocco che vi ha intimato alla nascita di non rivelare il segreto
del mondo.» Glielo aveva raccontato Madonna Gertrude, le era piaciuto, ma
quell’uomo doveva avere un segreto ben più materiale, se aveva aiutato ser
Roderico a rapirla. E lei lo avrebbe scoperto, per convincerlo a lasciarla
andare.
«Il segreto del
mondo...» Lui prese un respiro profondo e la fissò intensamente. Lucia si sentì
incenerire. Non era ancora sicura che le intenzioni di quell’uomo fossero tanto
buone. «Visto che siete così intuitiva, mi auguro possiate rinfrescarmi la
memoria, perché, anche se qualcuno me lo ha rivelato, credo proprio di non
ricordarlo più.» Altri due passi, e la paura si mischiava a qualcos’altro che
non riusciva a distinguere neppure lei. «Fate come volete per stanotte.» Piegò
il capo in un lieve inchino e assunse di nuovo l’aria compassata. «Ma domani vi
prego di seguire le istruzioni di Cosima.» Poi girò gli stivali e tornò di
sopra. «Buonanotte.»
No, non sarebbe
andata lassù.
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