In arrivo il 6 luglio!
Care consorelle
e confratelli,
questo post sul mio nuovo romanzo non vuole presentarsi come una sorta di
manoscritto trovato nella bottiglia, i rimandi ad altro sono già abbastanza
azzardati, ma mi sembra corretto fornire qualche spiegazione alle lettrici che
si aspettano demoni, streghe e maghi. Perché non c’è magia nella nuova storia
di Anonima Strega? Perché mancano il paranormale e il sovrannaturale?
La verità è che
ci sono nella stessa misura delle volte scorse, né sono tanto presuntuosa da
volermi paragonare ai grandi capolavori del passato. Scrivere è un gioco, e i
giochi spesso partono da situazioni conosciute che con la fantasia ci
divertiamo a scomporre e ricomporre in maniera diversa.
Io e le mie
compagne di scuola ci siamo sempre domandate come mai Lucia si desse tanta pena
per quello sciapito di Renzo (immagino sia capitato anche a molte di voi), e la
faccenda dei milanesi che parlavano in fiorentino perché i panni andavano
sciacquati in Arno per essere più chic non mi è mai quadrata altrettanto. Così
mi è venuto in mente che la peste è un personaggio cruciale non solo della
Milano del Seicento, ma anche della Firenze del Trecento; che l’attività di
filatura dei due protagonisti è stata un elemento cardine dell’epoca delle lotte
comunali; che una conversione spirituale poteva essere non necessariamente
religiosa ma alchemica, in tempi di suggestioni mercantili.
E se i promessi
sposi fossero vissuti nella Firenze del Trecento?
Se Lucia fosse
stata una filatrice a favore dei diritti delle lavoratrici?
Se l’Innominato
si fosse dedicato alla ‘conversione’ del metallo in oro?
Da queste
domande, ho iniziato a rivedere (e sfoltire) trama e cast (soprattutto
ecclesiastico), basandomi sul nuovo ambiente (Firenze) e sul nuovo periodo
storico (1348), in una sorta di ucronìa (“nessun tempo”, da οὐ = “non” e χρόνος
= “tempo”), non-proprio-ucronìa; una vicenda alternativa da associare al
romanzo storico di spunto, dunque, più che una rivisitazione.
La filatrice
Lucia è promessa in sposa a quello che quindi è diventato il lanaiolo (o
‘ciompo’) Lorenzo de’ Tramaglini, piccolo bottegaio dedito all’Arte della Lana.
Nonostante il fallimento del Duca d’Atene, favorevole ai ceti subalterni, i
lavoratori della lana, tagliati fuori dalla vita politica, hanno tentato di
organizzarsi, ma i tumulti sono stati soffocati. Il notaio ser Roderico
(disgustosa fusione fra vari antagonisti: il signorotto Don Rodrigo, il parroco
Don Abbondio e l’avvocato Azzeccagarbugli), pur appartenendo al Popolo Grasso,
è favorevole al riconoscimento voluto dal Duca, perché gli permetterebbe di
propiziarsi una nuova fetta di clientela, e ha scommesso con un collega che
sposerà la lanaiola di cui si è invaghito: Lucia.
In questo
quadro, compaiono altri personaggi del testo di partenza, ma in parte stravolti
dalla situazione e dal lessico (per quanto gestualità, espressività e
fraseggiare siano talvolta mutuati dall’originale), perché il servitore Griso,
per esempio, diventa il Bigio; mamma Agnese acquisisce caratteristiche da
Perpetua (è brontolona) e Donna Prassede (si dimostra protettiva, ma in maniera
sospettosa); Suor Gertrude è scampata al destino monastico grazie agli studi
compiuti in convento e adesso è una maestra laica comunale, nonché la migliore
amica della nostra Lucia, che non manca tuttavia di portare su una cattiva
strada, a causa di novelle cortesi a dire il vero un po’ troppo licenziose che
fanno fantasticare la ragazza più del dovuto.
Può apparire
inverosimile, ma nell’epoca dei Comuni, antecedente alle grandi Riforme e
Controriforme religiose, e ai processi dell’Inquisizione, le donne di alcune
classi sociali erano molto più libere che in periodi successivi. Solitamente i
romance storici trattano di nobildonne, ma un’artigiana non è né nobile né
contadina, e può godere di maggiore ampiezza di movimenti; se lo stanzone di una
classe comunale è riempito da novantanove alunni maschi su cento, non possiamo
dimostrare che non ci sia anche l’unica figlia di un artigiano che intende
lasciare in mano agli eredi la sua attività, magari mandando in sposa la figlia
lavoratrice (che sa leggere, scrivere e far di conto in bottega) a un lanaiolo
di fiducia. Un notaio, però, per una mamma vedova del tempo potrebbe essere un
partito migliore... altro che rocambolesche fughe!
Il cambio di
programma difatti sarebbe vantaggioso, e per il compagno d’infanzia prova solo
sentimenti di amicizia, ma Lucia oppone resistenza al progetto del notaio, che
minaccia di screditarla agli occhi della legge a causa delle sue idee
politiche. Per rinviare le nozze della ragazza, Roderico ne organizza il rapimento
e chiede aiuto all’Innominato, un nobile despota sostenitore del vecchio
governo che si nasconde nelle campagne di Fiesole grazie alla sua protezione,
per la quale riceve in cambio favori di natura criminale. Nel frattempo, però,
la vita isolata e gli studi stanno portando l’Innominato su un’altra strada. La
crisi di coscienza e il conflitto con la prigioniera gli offrono spunto sulla
‘conversione’ del metallo in oro letta alla luce di una tradizione arrivata
dalla via della seta: l’unione con la compagna predestinata per compiere
insieme la Grande Opera, la trasformazione dell’energia sessuale nel corpo
dell’adepto, per risalire all’armonia perduta. Questo ovviamente non rientra
nei piani di Roderico (ma la Provvidenza può essere anche un topo che sbarca da
una nave genovese con la peste addosso...), e l’alchimia presuppone che Zolfo e
Mercurio, Sole e Luna, Padre e Madre della Grande Opera, alchimista e sposa
alchemica, compagno e compagna, siano a parità di funzioni, per cui ci troviamo
paradossalmente molto avanti nel tempo in merito alla questione femminile.
Eppure, in un certo senso, questo modo di pensare è più vicino a quello di un
alchimista medievale impregnato di filosofie tantriche orientali che di tanti
maschi contemporanei, ahimè.
Uhm... abbiamo
appena trovato un eroe romance ancora più appetibile del lanaiolo e del
notaio...
L’eroina
acquista un ruolo non sottomesso ma attivo, l’amore non è troppo diverso dalla
magia quando possiamo trovarne la via
dentro di noi.
Ecco che
torniamo al punto di partenza degli altri romanzi: la donna, la magia e
l’amore.
Tutto sta nella
via che l’Alchimista cercherà dentro di sé e se la Sposa lo aiuterà nella
maniera giusta per giungere al lieto fine.
Ma questo non
può essere anticipato qui, e le prefazioni troppo lunghe sono obsolete.
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