Qualcuno ha sentito la voce tra le righe?
Questo libro segna un cambio di fase. Non prosegue un
percorso, semmai è un nuovo punto d’ingresso.
Sono cambiate molte cose nella mia vita, nel mio modo di pensare e di lavorare,
e anche la scrittura ne ha risentito. È diventata più asciutta, più razionale,
più legata alle relazioni che ai simboli.
“Time Travel Hotel” non nasce
quindi dal mondo magico dei romanzi precedenti, ma dal bisogno di guardare le
persone e il tempo in modo diretto, senza mediazioni. Il fantastico qui non è
più un rifugio o una chiave, ma un linguaggio usato con consapevolezza diversa.
Non è proprio una frattura, bensì un distacco.
È un libro scritto dopo un lungo silenzio, dopo la
vecchia poetica. Non rinnega quella che ero prima, ma nemmeno la ripete.
Il tempo non solo come argomento, dunque, ma anche come
distanza dal sé.
Diverso, perché diversa è diventata anche chi scrive.
È come se avessi lasciato la congrega, ma avessi portato
con me la memoria della magia, traslandola in qualcosa di più quotidiano, più
umano... ma non meno strambo e surreale!

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