sabato 1 aprile 2017

I miei uomini #15: Killer di cuori e altri semi

"Tra streghe, orchi, ghoul, demoni (tutti bellissimi, tra l'altro), immersi in atmosfere mistiche, gotiche ed esoteriche, passerete un paio d'ore piacevoli immersi tra le pagine di questa chicca...." - dal blog "Romance and fantasy for cosmopolitan girls"




Care consorelle e confratelli,
come ho fatto nel post inerente le protagoniste femminili, per la raccolta di racconti "Killer di cuori e altri semi" stilerò una scheda 'cumulativa' per presentarvi i maschietti tutti insieme.


♥ KILLER DI CUORI - Stregare un negromante invidioso non è semplice quando ha riportato in vita l’uomo dei tuoi sogni per ucciderti.

Il Jack di cuori protagonista del primo racconto ha una missione: uccidere la ragazza che gli è stata indicata dal malvagio negromante che lo ha riportato in vita proprio per questo scopo. Se non riuscirà a farcela entro i tempi stabiliti, morirà di nuovo. Il guaio è che l'innocente ragazza gli piace a prima vista. Possibile che non ci siano alternative?


Lasciò che la schiuma gli scivolasse giù dai capelli insieme alla terra e alla morte, e rise amaro di se stesso, l’acqua che gli ruscellava fra le labbra, sforzandosi di ricordare qualcosa che riguardasse la sua vita prima del risveglio sotto terra.
Niente.
Avrebbe dovuto rassegnarsi a quella condizione. Del resto, non capitava a tutti di ricevere una seconda possibilità tanto magica e incredibile. Una rinascita dalle tenebre. Non era necessario sapere chi era stato prima e cosa gli era successo, per vivere ancora. Anzi, per quello che gli era stato dato di intuire dal negromante, c’era davvero poco di buono da ricordare, quindi sarebbe stato meglio lasciare che la tabula della memoria restasse rasa e ripartire da zero.
Ma non gli era concesso.
Per ricominciare avrebbe dovuto uccidere a sangue freddo quella simpatica e gentile rossina che non pareva aver fatto niente di male in vita sua, se non respingere il negromante. Adesso capiva perché il vecchio si era invaghito di lei. Era carina e frizzante. Comprensibile che si fosse rifiutata di cedere a un vecchiaccio incartapecorito. Anche se il vecchiaccio incartapecorito le aveva promesso un monte di soldi. E lei non sembrava navigare nell’oro. Dunque il rifiuto le rendeva maggior onore.
Ma ultimare la missione e uccidere Rita era l’unica possibilità che Jack aveva per restare in vita, altrimenti il negromante gliel’avrebbe tolta di nuovo.
E se avesse ucciso il negromante?
Gli aveva rivelato di poter essere ucciso solo da uno spirito elementale del Fuoco, in grado di possedere in eterno lui stesso o di bruciare e uccidere il negromante, se da Rita evocato.
Chiuse il rubinetto, uscì dalla doccia e prese a frizionarsi la pelle con un asciugamano. Rita gli aveva consegnato un mucchio di vestiti che, a detta sua, erano appartenuti a un ex che non tornava a riprenderseli da mesi, e presto lei li avrebbe comunque buttati. Dato che sembravano della taglia giusta, Jack approfittò dell’occasione per non rimettersi indosso gli stracci sporchi di cimitero. E poi, a mano a mano che passavano le ore, il corpo riprendeva vigore. Un abbigliamento più pesante gli avrebbe fatto comodo.
Scelse un paio di jeans e un maglione scuro, e si guardò allo specchio, cercando di districare l’intrico di capelli arruffati.
Rita non avrebbe potuto uccidere né lui né il negromante, perché avrebbe dovuto chiudersi in un cerchio di pietre e impartire ordini allo spirito, mentre loro avrebbero avuto tutto il tempo per fuggire.
Rimase con l’indice impigliato nell’ultimo nodo proprio quando un pensiero gli attraversò il capo.
E se fuori dal cerchio ci fosse qualcun altro pronto ad agire per lei?

Questa soluzione potrà funzionare? Be', non posso rivelarvelo qui, per cui passo all'orco protagonista del secondo racconto.

♣ LA FELCE E IL FALÒ - C’è un orco molto più sexy di quelli delle fiabe. Per la sua specie sei mostruosa. Potrai sedurlo con la magia della natura?

«Possa tutta la mia sfortuna...» declamò, lanciando sul fuoco l’artemisia cavata dalla scarsella di lino legata al fianco, «andarsene come questi fiori.» E con un balzo saltò il falò, esprimendo il desiderio di incontrare l’amore.
Sollevato lo sguardo, davanti a lei, scorse una figura. La sorpresa la portò in un primo momento a notare la pelle glabra – testa inclusa – tendente al verdognolo, le orecchie appuntite e i canini inferiori lievemente sporgenti, volitivi, dalle labbra scure. L’intuito magico, però, le rimandò in seconda istanza la natura inoffensiva della creatura... alta quasi due metri, il corpo che pareva uscito da un dipinto di rara bellezza, i muscoli cesellati dal pittore più esperto in proporzioni e chiaroscuri, il viso dai tratti decisi, marcati e miniati come quelli di un uomo tanto bello e maschio al tempo stesso da apparire disegnato e irreale, gli occhi d’oro, penetranti, attenti, fissi nei suoi. Demonio di splendore e maestosità.
«Se l’unica strega qui?» Una voce profonda, dall’accento incerto ma comprensibile che le procurò una scarica di brividi dalla nuca alle natiche.
Sara si lanciò d’istinto un’occhiata intorno. «E tu sei l’unico orco, vero?»
«Dato che sei una strega dovresti sapere che non mangiamo bambini.»

Così è come lo vede la protagonista. Il problema è come la vede lui: brutta. Per la sua specie le donne umane sono brutte. Niente da fare. Lui arriva da un'altra dimensione e sta svolgendo ricerche sulla presenza di streghe in quell'area. Ma una ricerca approfondita può durare più del previsto, quindi c'è sempre tempo per cambiare idea, se si hanno strumenti magici a disposizione... no?

♦ CLAUSOLA DI RESCISSIONE - E se Paganini, Mozart, Chopin, Vivaldi e Beethoven tornassero per un talent show con un gruppo black metal? Chissà cosa ne penserebbe un’opinionista strega...


Nick, Wolfie, Freddy, Tony e Ludwig sono una versione moderna dei geni del passato nominati nello slogan. Il motivo per cui tornano, e come, è chiaro sin dall'incipit, che vi lascio per intero:

«L’aracnodattilia da cui sono stato affetto in vita era congenita, per cui non ho ottenuto alcun reale vantaggio dal precedente contratto. Motivo per cui lo impugno in riferimento alle abilità esecutive e richiedo i tuoi veri fasti.»
Satana si sporse con i gomiti sul ripiano della scrivania e osservò da sotto in su il ragazzo dai lunghi capelli neri impalato davanti a lui. Un aspetto giovane e moderno, come la sua attuale dimensione gli consentiva di scegliere. Un modo di parlare pomposo e forbito, in contrasto con l’aria da scavezzacollo incorreggibile. «Cosacosacosa?» gli rimandò, arricciando il naso.
Un netto cenno di diniego del capo. «Paganini non ripete.»
«E quindi...» Sbuffò, traendosi indietro fino alla spalliera. «In cosa consisterebbe di preciso la richiesta?»
«Esigo una seconda opportunità.»
«E per quale ragione?» Alzò una spalla e le sopracciglia. «Hai già ottenuto il successo che volevi.»
«Sì, ma per merito mio, della mia ex malattia!» Quel tono da saputello stava cominciando a infastidirlo. «Il precedente contratto è andato di conseguenza a vuoto, quindi voglio che tu paghi il debito che hai con me, da sano.»
«Fammi capire meglio, Niccolò...» Satana fece ruotare le mani l’una contro l’altra, quasi stesse cercando di aprire i pensieri del giovane chiusi sottovuoto. «Tu vorresti tornare sulla terra in quale modo?»
«Al passo con i tempi.» Il ragazzo alzò il mento e gli rilanciò uno sguardo divertito. «Ho parlato con alcuni amici e vorrei portarmeli dietro per partecipare a un talent show con una band di progressive black metal. Abbiamo già pensato anche al nome: Moto Perpetuo.»
Satana si strofinò un palmo sulle labbra, indeciso se scoppiare a ridere o se sentirsi orgoglioso per la richiesta del pupillo. «Dunque richiederesti un permesso anche per altre persone.» Annuì rapidamente, distogliendo lo sguardo. «Chi dovrei autorizzare?»
«Non ero tanto propenso ad arruolare qualcuno che potesse contendermi la posizione di leader e frontman...» Niccolò tentennò il capo e guardò altrove a sua volta. «Ma Mozart vuole cantare e suonare la chitarra elettrica ritmica adesso, e io dominerei il ruolo progressivo col violino, nonostante la chitarra non dispiacesse pure a me. Poi io canterei in growl, lui in scream, e le nostre voci si amalgamano bene.»
Per quanto i bigotti ne dicessero, lui non s’intendeva un granché di terminologie heavy metal. Più o meno urlavano tutti, gravi o acuti che fossero. «È un fottuto alcolizzato che ti metterà nei casini» replicò, tuttavia appuntandosi il nome. «Poi?»
«È rock and roll!» reagì l’altro, allargando le braccia. «Poi avevamo pensato che Beethoven avrebbe potuto suonare la batteria.»
«Ma è sordo!»
«Appunto!» L’altro annuì rapidamente, quasi si sentisse un genio di fronte all’imbecille degli imbecilli. «Con tutti questi auricolari tecnologici potrebbe finalmente sfogarsi!»
«Non potete fargli suonare un basso elettrico molto ma molto basso?»
«Come specialista di cadenze matematiche barocche, Vivaldi sarà il nostro bassista perfetto.»
Satana rifletté un istante, poi rialzò gli occhi sull’altro. «Un prete in una band di black metal?»
«Ma sentilo...» sbottò il ragazzo, gesticolandogli contro. «Sai meglio di chiunque altro che non tutti i metallari sono satanisti.»
«Eh no, siccome tu stai contrattando con Babbo Natale.»
«A proposito, la trasmissione partirà per le feste, quindi devi deciderti in fretta.»
«Vacci piano con me, ragazzotto.»
«Io sono io, e lui è lui, promuoviamo l’integrazione e la lotta ai pregiudizi!» Poi rallentò il tono. «Difatti...»
«Difatti?»
«Le tastiere non fanno parte dell’organico, ormai le consideriamo alla stregua di un computer su cui gettare le basi delle composizioni, quindi ci mancava qualcuno che si dedicasse alla tastiera della chitarra solista. Così abbiamo pensato a Chopin.»
«Quel frocio?»
«Modera i termini, ché è amico mio, e con questi dispregiativi-vezzeggiativi possiamo chiamarlo solo noi» ribatté. «E guarda che i gay seguono tantissimo i talent show!» Rispose l’altro con tono ovvio. «Ci televoteranno tutti.»
«Perché? Dopo secoli di finte relazioni con le lesbiche non avrà intenzione di fare coming out in diretta?»
«Pensa a quanto s’impennerebbe lo share! Se è d’accordo lui...»
«Le vostre idee musicali non saranno comprese.» Satana scosse il capo, assumendo un paternalistico tono serioso. «La produzione stessa vi deriderà: un satanista, un alcolizzato, un sordo, un prete e un finocchio!» Si schiarì suo malgrado la voce. «Un gay.»
«Dato l’appiattimento culturale dei tempi, tutte le probabilità saranno sin dai provini contro di noi, lo so.» Il giovane si grattò un sopracciglio, con aria mesta. «Dalle soubrette in giuria al pubblico spersonalizzato, l’incompetenza generale risulterà sicuramente il nostro principale avversario.» Poi riportò lo sguardo su di lui, lasciandogli intuire che non avrebbe cambiato idea. «Ma proprio perché, per proseguire, non potremo contare sul nostro genio musicale, saranno i risvolti delle nostre personalità a suscitare il clamore mediatico.» Scosse il capo, per decretare l’attendibilità del verdetto. «Succede sempre così.»
Non poteva dargli torto.
«Ma hai capito che ti ho detto prima?»
«Cosa?»
«Io sono disposto a contrattare per un permesso» e calcò bene sulla parola, picchiettando il cappuccio della stilografica sulla superficie del tavolo. «A programma concluso, che vinciate o no, dovrete tornare qui.»
«E come faremo a vendere i dischi?» sbraitò il ragazzo.
«Tu hai chiesto una seconda opportunità di successo per partecipare a questo talent, e io te la concederò, ma niente di più» insisté, con maggiore fermezza. «Patti chiari, amicizia lunga.»
Lo odiò, quando gli fece il verso con una smorfia, oscillando capo e spalle. «E va bene, va bene.» Infine esibì un gesto con le mani per chiamare a sé la penna. «Meglio che niente...»

Difficile a questo punto capire quali potrebbero essere gli sviluppi, ma, se leggerete il racconto, sicuramente scoprirete come andrà a finire.

♠ LA FAME DEL GHOUL - Può l’amore di una strega andare oltre l’apparenza di un mostro che cambierebbe aspetto grazie alla passione?

I ghoul sono esseri mostruosi che si nutrono di carne umana, e nell'area in cui si trova la nostra protagonista strega non sono presenti maschi 'magici.' Questo non è certo il motivo per cui lei potrebbe essere prima o poi costretta a ripiegare su di lui, né siamo nella sede adatta per scoprire i risvolti dell'intera trama. Ma vediamo un po' come pensa e come si mostra all'inizio...


La cappa della calura notturna era tanto umida che c’era il caso si mettesse presto a piovere, costringendolo ad agire in maniera tutt’altro che comoda. Una bava di nubi sempre più densa non lasciava scorgere le stelle, e il nero si ammantava di grigio scuro, lasciando brillare nel buio solo i lumini del cimitero.
Richiuse il loculo da cui era fuoriuscito e s’incamminò verso il gabbiotto del custode. Giusto uno spuntino, quella dose di energia da risucchiare tanto da addormentarlo, senza fargli male, poi il pasto completo.
Avanzò sollevando i piedi da terra, come i fantasmi, per produrre il minimo rumore possibile, e passeggiò tra i corridoi fatti di facce in bianco e nero e salme di fiori maleodoranti. Quel giorno, il suo sonno si era spesso interrotto a causa di rumori e mormorii attutiti dal marmo dietro cui si nascondeva. Era stato sicuramente sepolto qualcuno. La carne già compatta, ma ancora fresca e sostanziosa. E quel pensiero gli provocò una contrazione allo stomaco, nel desiderio di rigenerare la sua, di carne. In disfacimento. Un desiderio fisico e mentale, che lo prendeva alle fauci e nel ventre, bramoso di soddisfare quella fame naturale che divorava lui stesso, le sue viscere e la sua speranza di rimanere in vita.
Giunto alla fine dell’ultimo corridoio prima dell’entrata, si appiattì contro la parete e sporse per un attimo la testa, quanto gli bastava per assicurarsi che il custode fosse come suo solito di spalle, a leggere qualcosa.
Non doveva farsi vedere. In quanto mutaforma, avrebbe potuto assumere sembianze umane e adescarlo in maniera più subdola, ma le capacità di trasformazione erano limitate agli attimi conseguenti al pasto, e non quadrava con l’adescamento di chi gli impediva di nutrirsi in tranquillità.
Ed era proprio quello, che gli bruciava dentro più della fame. Con una scorta di cibo abbondante, sarebbe stato in grado di mantenere le forme più a lungo, ma i cadaveri lì già scarseggiavano, e i cimiteri vicini erano territorio dei suoi simili.
Si concentrò sull’attimo, e con un balzo sfrecciò in avanti, incombendo alle spalle dell’ignaro guardiano.
Un respiro profondo, e inalò la vita che scorreva via dal corpo della vittima. Non c’era cattiveria in tutto quello, né colpa. L’intenzione era dettata dal bisogno fisiologico. Risucchiare la vita agli esseri viventi era solo un’esigenza corporea. Ma lui si limitava a trattenerne quanto bastava per farlo sprofondare in un sonno lungo e pesante, tanto da permettergli di finire di nutrirsi in maniera ancora più inoffensiva.
Lo osservò mentre pian piano si accasciava con i gomiti sulla scrivania e poggiava il capo sugli avambracci, poi gli voltò le spalle e si diresse verso il punto da cui, durante il giorno, aveva udito provenire i rumori.
Lui doveva per forza, per natura, cibarsi di quel cadavere, altrimenti si sarebbe dileguato in una nube di cenere o avrebbe dovuto asservirsi a un simile già in possesso di un territorio più ampio del suo, o addirittura a un piccolo clan gerarchico, in qualità di ultimo degli ultimi. Per il momento, la zona pareva bastare a malapena alla sua sussistenza.
Avvistò il cumulo di terra fresca al centro del prato, circondato da lapidi più o meno datate, e si rasserenò. Le sepolture in terra erano più facili da gestire rispetto ai forni.
Così si inginocchiò sul terriccio umido e prese a scavare con le dita, con una forza e una velocità che solo la natura e la fame potevano consentirgli.
Quando arrivò a scoperchiare la bara scoprì che si trattava di un uomo di mezza età e tirò un sospiro di sollievo. Odiava divorare le donne, e talvolta, di fronte ai bambini, gli era capitato di richiudere, rimanendo con la fame e col rischio di collassarsi.
Prese a spogliarlo senza pensarci troppo e chiuse gli occhi nel momento in cui assaporò il primo morso. Doveva concentrarsi sulla sensazione alla bocca dello stomaco, alla vita che se ne sarebbe andata se non si fosse nutrito, alla sopravvivenza della sua specie, che vagava nella notte e fra le tombe degli uomini dall’alba dei tempi, azzannando la morte per ingoiare la vita. Secondo morso, terzo, quarto, quinto, con foga maggiore, con orrore e pietà, sesto, settimo, ma così doveva essere e così sarebbe stato, fra ossa che si scarnificavano più delle sue.
L’aspetto che trovava più fastidioso, una volta che il cibo cominciava a circolargli nelle vene, era rivestire il cadavere e riposizionarlo così come lo aveva trovato. Con il passare del tempo, chiunque fosse tornato ad aprire la tomba, per spostare o incenerire le spoglie, non si sarebbe accorto di nulla. Quelli erano i metodi che il clan dei maestri insegnava loro sin da piccoli e che dovevano mettere in pratica a partire dall’adolescenza, quando rimanevano soli, alla ricerca di un territorio. E avrebbero potuto diventare anche immortali, se solo a un certo punto non si fossero stancati di quella vita; ma molti suoi simili dopo qualche secolo si lasciavano andare, e lui stava cominciando a comprenderli. Per questo si riproducevano in pochi. Meno concorrenza, più territori, più cibo.
Ma c’era un’altra questione in ballo, valutò, richiudendo la cassa, ovvero la possibilità di assumere sembianze umane perenni. E quello poteva avvenire solo a seguito di un accoppiamento con una strega, ripetuto in maniera regolare. Allora la durevolezza della muta in sembianze umane avrebbe potuto sostituire il bisogno di cibarsi di morte o l’arrendersi alla cenere.
Qualcuno ci aveva provato, rifletté, ricomponendo il mucchio di terra, e ci era riuscito. Ma con l’aspetto che si ritrovavano, quello era l’ultimo metodo di sopravvivenza da prendere in considerazione.
Il tempo della muta durava troppo poco per imbrogliare un guardiano, figurarsi per sedurre una strega.
Quando ebbe finito, trasse un profondo respiro e lanciò gli occhi al cielo. Minacciava pioggia; ma, ora che sentiva la forza prendere possesso delle sue membra, così come la carne umana, provava il bisogno di liberarsi alla vitalità dell’aria aperta.
Lasciò scivolare a terra il mantello sotto cui solitamente si nascondeva e osservò le braccia su cui la carne e i nervi stavano prendendo vigore insieme al colorito. Lanciò uno sguardo ai muscoli del ventre e del torace che si scolpivano, e alle gambe che riempivano le brache, dandogli forza sugli stivali.
Il guardiano avrebbe continuato a dormire per un po’, e lui aveva alcuni minuti di tempo per sentirsi vivo.
Così prese la via d’uscita e si avviò verso il bosco che sbocciava dietro il cimitero.

Non sembra cattivissimo, vero? E abbiamo intuito che potrebbe assumere diverse sembianze. Per saperlo con certezza, però, dovrete leggere Killer di cuori e altri semi ;)
Che la Dea vi benedica

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