"Tra streghe, orchi, ghoul, demoni (tutti bellissimi, tra l'altro), immersi in atmosfere mistiche, gotiche ed esoteriche, passerete un paio d'ore piacevoli immersi tra le pagine di questa chicca...." - dal blog "Romance and fantasy for cosmopolitan girls"
Care consorelle e confratelli,
come ho fatto nel post inerente le protagoniste femminili, per la raccolta di racconti "Killer di cuori e altri semi" stilerò una scheda 'cumulativa' per presentarvi i maschietti tutti insieme.
♥ KILLER DI CUORI - Stregare un negromante invidioso non è semplice quando ha riportato in vita l’uomo dei tuoi sogni per ucciderti.
Il Jack di cuori protagonista del primo racconto ha una missione: uccidere la ragazza che gli è stata indicata dal malvagio negromante che lo ha riportato in vita proprio per questo scopo. Se non riuscirà a farcela entro i tempi stabiliti, morirà di nuovo. Il guaio è che l'innocente ragazza gli piace a prima vista. Possibile che non ci siano alternative?
Questa soluzione potrà funzionare? Be', non posso rivelarvelo qui, per cui passo all'orco protagonista del secondo racconto.
Il Jack di cuori protagonista del primo racconto ha una missione: uccidere la ragazza che gli è stata indicata dal malvagio negromante che lo ha riportato in vita proprio per questo scopo. Se non riuscirà a farcela entro i tempi stabiliti, morirà di nuovo. Il guaio è che l'innocente ragazza gli piace a prima vista. Possibile che non ci siano alternative?
Lasciò che la schiuma gli
scivolasse giù dai capelli insieme alla terra e alla morte, e rise amaro di se
stesso, l’acqua che gli ruscellava fra le labbra, sforzandosi di ricordare
qualcosa che riguardasse la sua vita prima del risveglio sotto terra.
Niente.
Avrebbe dovuto rassegnarsi a
quella condizione. Del resto, non capitava a tutti di ricevere una seconda
possibilità tanto magica e incredibile. Una rinascita dalle tenebre. Non era
necessario sapere chi era stato prima e cosa gli era successo, per vivere
ancora. Anzi, per quello che gli era stato dato di intuire dal negromante,
c’era davvero poco di buono da ricordare, quindi sarebbe stato meglio lasciare
che la tabula della memoria restasse rasa e ripartire da zero.
Ma non gli era concesso.
Per ricominciare avrebbe
dovuto uccidere a sangue freddo quella simpatica e gentile rossina che non
pareva aver fatto niente di male in vita sua, se non respingere il negromante.
Adesso capiva perché il vecchio si era invaghito di lei. Era carina e
frizzante. Comprensibile che si fosse rifiutata di cedere a un vecchiaccio
incartapecorito. Anche se il vecchiaccio incartapecorito le aveva promesso un
monte di soldi. E lei non sembrava navigare nell’oro. Dunque il rifiuto le
rendeva maggior onore.
Ma ultimare la missione e
uccidere Rita era l’unica possibilità che Jack aveva per restare in vita,
altrimenti il negromante gliel’avrebbe tolta di nuovo.
E se avesse ucciso il
negromante?
Gli aveva rivelato di poter
essere ucciso solo da uno spirito elementale del Fuoco, in grado di possedere
in eterno lui stesso o di bruciare e uccidere il negromante, se da Rita
evocato.
Chiuse il rubinetto, uscì
dalla doccia e prese a frizionarsi la pelle con un asciugamano. Rita gli aveva
consegnato un mucchio di vestiti che, a detta sua, erano appartenuti a un ex
che non tornava a riprenderseli da mesi, e presto lei li avrebbe comunque
buttati. Dato che sembravano della taglia giusta, Jack approfittò
dell’occasione per non rimettersi indosso gli stracci sporchi di cimitero. E
poi, a mano a mano che passavano le ore, il corpo riprendeva vigore. Un
abbigliamento più pesante gli avrebbe fatto comodo.
Scelse un paio di jeans e un
maglione scuro, e si guardò allo specchio, cercando di districare l’intrico di
capelli arruffati.
Rita non avrebbe potuto
uccidere né lui né il negromante, perché avrebbe dovuto chiudersi in un cerchio
di pietre e impartire ordini allo spirito, mentre loro avrebbero avuto tutto il
tempo per fuggire.
Rimase con l’indice
impigliato nell’ultimo nodo proprio quando un pensiero gli attraversò il capo.
E se fuori dal cerchio ci fosse qualcun altro pronto ad agire per
lei?
♣ LA FELCE E IL FALÒ - C’è un orco molto più sexy di quelli delle fiabe. Per la sua specie sei mostruosa. Potrai sedurlo con la magia della natura?
«Possa tutta la mia
sfortuna...» declamò, lanciando sul fuoco l’artemisia cavata dalla scarsella di
lino legata al fianco, «andarsene come questi fiori.» E con un balzo saltò il
falò, esprimendo il desiderio di incontrare l’amore.
Sollevato lo sguardo, davanti
a lei, scorse una figura. La sorpresa la portò in un primo momento a notare la
pelle glabra – testa inclusa – tendente al verdognolo, le orecchie appuntite e
i canini inferiori lievemente sporgenti, volitivi, dalle labbra scure. L’intuito
magico, però, le rimandò in seconda istanza la natura inoffensiva della
creatura... alta quasi due metri, il corpo che pareva uscito da un dipinto di
rara bellezza, i muscoli cesellati dal pittore più esperto in proporzioni e
chiaroscuri, il viso dai tratti decisi, marcati e miniati come quelli di un
uomo tanto bello e maschio al tempo stesso da apparire disegnato e irreale, gli
occhi d’oro, penetranti, attenti, fissi nei suoi. Demonio di splendore e
maestosità.
«Se l’unica strega qui?» Una
voce profonda, dall’accento incerto ma comprensibile che le procurò una scarica
di brividi dalla nuca alle natiche.
Sara si lanciò d’istinto
un’occhiata intorno. «E tu sei l’unico orco, vero?»
«Dato che sei una strega
dovresti sapere che non mangiamo bambini.»
Così è come lo vede la protagonista. Il problema è come la vede lui: brutta. Per la sua specie le donne umane sono brutte. Niente da fare. Lui arriva da un'altra dimensione e sta svolgendo ricerche sulla presenza di streghe in quell'area. Ma una ricerca approfondita può durare più del previsto, quindi c'è sempre tempo per cambiare idea, se si hanno strumenti magici a disposizione... no?
♦ CLAUSOLA DI RESCISSIONE - E se Paganini, Mozart, Chopin, Vivaldi e Beethoven tornassero per un talent show con un gruppo black metal? Chissà cosa ne penserebbe un’opinionista strega...
Nick, Wolfie, Freddy, Tony e Ludwig sono una versione moderna dei geni del passato nominati nello slogan. Il motivo per cui tornano, e come, è chiaro sin dall'incipit, che vi lascio per intero:
«L’aracnodattilia da cui sono
stato affetto in vita era congenita, per cui non ho ottenuto alcun reale
vantaggio dal precedente contratto. Motivo per cui lo impugno in riferimento
alle abilità esecutive e richiedo i tuoi veri fasti.»
Satana si sporse con i gomiti
sul ripiano della scrivania e osservò da sotto in su il ragazzo dai lunghi
capelli neri impalato davanti a lui. Un aspetto giovane e moderno, come la sua
attuale dimensione gli consentiva di scegliere. Un modo di parlare pomposo e forbito,
in contrasto con l’aria da scavezzacollo incorreggibile. «Cosacosacosa?» gli
rimandò, arricciando il naso.
Un netto cenno di diniego del
capo. «Paganini non ripete.»
«E quindi...» Sbuffò,
traendosi indietro fino alla spalliera. «In cosa consisterebbe di preciso la
richiesta?»
«Esigo una seconda
opportunità.»
«E per quale ragione?» Alzò
una spalla e le sopracciglia. «Hai già ottenuto il successo che volevi.»
«Sì, ma per merito mio, della
mia ex malattia!» Quel tono da saputello stava cominciando a infastidirlo. «Il
precedente contratto è andato di conseguenza a vuoto, quindi voglio che tu
paghi il debito che hai con me, da sano.»
«Fammi capire meglio,
Niccolò...» Satana fece ruotare le mani l’una contro l’altra, quasi stesse
cercando di aprire i pensieri del giovane chiusi sottovuoto. «Tu vorresti
tornare sulla terra in quale modo?»
«Al passo con i tempi.» Il
ragazzo alzò il mento e gli rilanciò uno sguardo divertito. «Ho parlato con
alcuni amici e vorrei portarmeli dietro per partecipare a un talent show con
una band di progressive black metal. Abbiamo già pensato anche al nome: Moto
Perpetuo.»
Satana si strofinò un palmo
sulle labbra, indeciso se scoppiare a ridere o se sentirsi orgoglioso per la
richiesta del pupillo. «Dunque richiederesti un permesso anche per altre
persone.» Annuì rapidamente, distogliendo lo sguardo. «Chi dovrei autorizzare?»
«Non ero tanto propenso ad
arruolare qualcuno che potesse contendermi la posizione di leader e
frontman...» Niccolò tentennò il capo e guardò altrove a sua volta. «Ma Mozart
vuole cantare e suonare la chitarra elettrica ritmica adesso, e io dominerei il
ruolo progressivo col violino, nonostante la chitarra non dispiacesse pure a
me. Poi io canterei in growl, lui in scream, e le nostre voci si amalgamano
bene.»
Per quanto i bigotti ne
dicessero, lui non s’intendeva un granché di terminologie heavy metal. Più o
meno urlavano tutti, gravi o acuti che fossero. «È un fottuto alcolizzato che
ti metterà nei casini» replicò, tuttavia appuntandosi il nome. «Poi?»
«È rock and roll!» reagì
l’altro, allargando le braccia. «Poi avevamo pensato che Beethoven avrebbe
potuto suonare la batteria.»
«Ma è sordo!»
«Appunto!» L’altro annuì
rapidamente, quasi si sentisse un genio di fronte all’imbecille degli
imbecilli. «Con tutti questi auricolari tecnologici potrebbe finalmente
sfogarsi!»
«Non potete fargli suonare un
basso elettrico molto ma molto basso?»
«Come specialista di cadenze
matematiche barocche, Vivaldi sarà il nostro bassista perfetto.»
Satana rifletté un istante,
poi rialzò gli occhi sull’altro. «Un prete in una band di black metal?»
«Ma sentilo...» sbottò il
ragazzo, gesticolandogli contro. «Sai meglio di chiunque altro che non tutti i
metallari sono satanisti.»
«Eh no, siccome tu stai
contrattando con Babbo Natale.»
«A proposito, la trasmissione
partirà per le feste, quindi devi deciderti in fretta.»
«Vacci piano con me,
ragazzotto.»
«Io sono io, e lui è lui,
promuoviamo l’integrazione e la lotta ai pregiudizi!» Poi rallentò il tono.
«Difatti...»
«Difatti?»
«Le tastiere non fanno parte
dell’organico, ormai le consideriamo alla stregua di un computer su cui gettare
le basi delle composizioni, quindi ci mancava qualcuno che si dedicasse alla
tastiera della chitarra solista. Così abbiamo pensato a Chopin.»
«Quel frocio?»
«Modera i termini, ché è
amico mio, e con questi dispregiativi-vezzeggiativi possiamo chiamarlo solo
noi» ribatté. «E guarda che i gay seguono tantissimo i talent show!» Rispose
l’altro con tono ovvio. «Ci televoteranno tutti.»
«Perché? Dopo secoli di finte
relazioni con le lesbiche non avrà intenzione di fare coming out in diretta?»
«Pensa a quanto
s’impennerebbe lo share! Se è d’accordo lui...»
«Le vostre idee musicali non
saranno comprese.» Satana scosse il capo, assumendo un paternalistico tono
serioso. «La produzione stessa vi deriderà: un satanista, un alcolizzato, un
sordo, un prete e un finocchio!» Si schiarì suo malgrado la voce. «Un gay.»
«Dato l’appiattimento
culturale dei tempi, tutte le probabilità saranno sin dai provini contro di
noi, lo so.» Il giovane si grattò un sopracciglio, con aria mesta. «Dalle
soubrette in giuria al pubblico spersonalizzato, l’incompetenza generale
risulterà sicuramente il nostro principale avversario.» Poi riportò lo sguardo
su di lui, lasciandogli intuire che non avrebbe cambiato idea. «Ma proprio
perché, per proseguire, non potremo contare sul nostro genio musicale, saranno
i risvolti delle nostre personalità a suscitare il clamore mediatico.» Scosse
il capo, per decretare l’attendibilità del verdetto. «Succede sempre così.»
Non poteva dargli torto.
«Ma hai capito che ti ho
detto prima?»
«Cosa?»
«Io sono disposto a
contrattare per un permesso» e calcò bene sulla parola, picchiettando il
cappuccio della stilografica sulla superficie del tavolo. «A programma
concluso, che vinciate o no, dovrete tornare qui.»
«E come faremo a vendere i
dischi?» sbraitò il ragazzo.
«Tu hai chiesto una seconda
opportunità di successo per partecipare a questo talent, e io te la concederò,
ma niente di più» insisté, con maggiore fermezza. «Patti chiari, amicizia
lunga.»
Lo odiò, quando gli fece il
verso con una smorfia, oscillando capo e spalle. «E va bene, va bene.» Infine esibì un gesto con le mani per chiamare a sé la
penna. «Meglio che niente...»
Difficile a questo punto capire quali potrebbero essere gli sviluppi, ma, se leggerete il racconto, sicuramente scoprirete come andrà a finire.
♠ LA FAME DEL GHOUL - Può l’amore di una strega andare oltre l’apparenza di un mostro che cambierebbe aspetto grazie alla passione?
I ghoul sono esseri mostruosi che si nutrono di carne umana, e nell'area in cui si trova la nostra protagonista strega non sono presenti maschi 'magici.' Questo non è certo il motivo per cui lei potrebbe essere prima o poi costretta a ripiegare su di lui, né siamo nella sede adatta per scoprire i risvolti dell'intera trama. Ma vediamo un po' come pensa e come si mostra all'inizio...
I ghoul sono esseri mostruosi che si nutrono di carne umana, e nell'area in cui si trova la nostra protagonista strega non sono presenti maschi 'magici.' Questo non è certo il motivo per cui lei potrebbe essere prima o poi costretta a ripiegare su di lui, né siamo nella sede adatta per scoprire i risvolti dell'intera trama. Ma vediamo un po' come pensa e come si mostra all'inizio...
La cappa della calura
notturna era tanto umida che c’era il caso si mettesse presto a piovere,
costringendolo ad agire in maniera tutt’altro che comoda. Una bava di nubi
sempre più densa non lasciava scorgere le stelle, e il nero si ammantava di
grigio scuro, lasciando brillare nel buio solo i lumini del cimitero.
Richiuse il loculo da cui era
fuoriuscito e s’incamminò verso il gabbiotto del custode. Giusto uno spuntino,
quella dose di energia da risucchiare tanto da addormentarlo, senza fargli
male, poi il pasto completo.
Avanzò sollevando i piedi da
terra, come i fantasmi, per produrre il minimo rumore possibile, e passeggiò
tra i corridoi fatti di facce in bianco e nero e salme di fiori maleodoranti.
Quel giorno, il suo sonno si era spesso interrotto a causa di rumori e mormorii
attutiti dal marmo dietro cui si nascondeva. Era stato sicuramente sepolto
qualcuno. La carne già compatta, ma ancora fresca e sostanziosa. E quel
pensiero gli provocò una contrazione allo stomaco, nel desiderio di rigenerare
la sua, di carne. In disfacimento. Un desiderio fisico e mentale, che lo
prendeva alle fauci e nel ventre, bramoso di soddisfare quella fame naturale
che divorava lui stesso, le sue viscere e la sua speranza di rimanere in vita.
Giunto alla fine dell’ultimo
corridoio prima dell’entrata, si appiattì contro la parete e sporse per un
attimo la testa, quanto gli bastava per assicurarsi che il custode fosse come
suo solito di spalle, a leggere qualcosa.
Non doveva farsi vedere. In
quanto mutaforma, avrebbe potuto assumere sembianze umane e adescarlo in
maniera più subdola, ma le capacità di trasformazione erano limitate agli
attimi conseguenti al pasto, e non quadrava con l’adescamento di chi gli
impediva di nutrirsi in tranquillità.
Ed era proprio quello, che
gli bruciava dentro più della fame. Con una scorta di cibo abbondante, sarebbe
stato in grado di mantenere le forme più a lungo, ma i cadaveri lì già
scarseggiavano, e i cimiteri vicini erano territorio dei suoi simili.
Si concentrò sull’attimo, e
con un balzo sfrecciò in avanti, incombendo alle spalle dell’ignaro guardiano.
Un respiro profondo, e inalò
la vita che scorreva via dal corpo della vittima. Non c’era cattiveria in tutto
quello, né colpa. L’intenzione era dettata dal bisogno fisiologico. Risucchiare
la vita agli esseri viventi era solo un’esigenza corporea. Ma lui si limitava a
trattenerne quanto bastava per farlo sprofondare in un sonno lungo e pesante,
tanto da permettergli di finire di nutrirsi in maniera ancora più inoffensiva.
Lo osservò mentre pian piano
si accasciava con i gomiti sulla scrivania e poggiava il capo sugli avambracci,
poi gli voltò le spalle e si diresse verso il punto da cui, durante il giorno,
aveva udito provenire i rumori.
Lui doveva per forza, per
natura, cibarsi di quel cadavere, altrimenti si sarebbe dileguato in una nube
di cenere o avrebbe dovuto asservirsi a un simile già in possesso di un
territorio più ampio del suo, o addirittura a un piccolo clan gerarchico, in
qualità di ultimo degli ultimi. Per il momento, la zona pareva bastare a
malapena alla sua sussistenza.
Avvistò il cumulo di terra
fresca al centro del prato, circondato da lapidi più o meno datate, e si
rasserenò. Le sepolture in terra erano più facili da gestire rispetto ai forni.
Così si inginocchiò sul
terriccio umido e prese a scavare con le dita, con una forza e una velocità che
solo la natura e la fame potevano consentirgli.
Quando arrivò a scoperchiare
la bara scoprì che si trattava di un uomo di mezza età e tirò un sospiro di
sollievo. Odiava divorare le donne, e talvolta, di fronte ai bambini, gli era
capitato di richiudere, rimanendo con la fame e col rischio di collassarsi.
Prese a spogliarlo senza
pensarci troppo e chiuse gli occhi nel momento in cui assaporò il primo morso.
Doveva concentrarsi sulla sensazione alla bocca dello stomaco, alla vita che se
ne sarebbe andata se non si fosse nutrito, alla sopravvivenza della sua specie,
che vagava nella notte e fra le tombe degli uomini dall’alba dei tempi,
azzannando la morte per ingoiare la vita. Secondo morso, terzo, quarto, quinto,
con foga maggiore, con orrore e pietà, sesto, settimo, ma così doveva essere e
così sarebbe stato, fra ossa che si scarnificavano più delle sue.
L’aspetto che trovava più
fastidioso, una volta che il cibo cominciava a circolargli nelle vene, era
rivestire il cadavere e riposizionarlo così come lo aveva trovato. Con il
passare del tempo, chiunque fosse tornato ad aprire la tomba, per spostare o
incenerire le spoglie, non si sarebbe accorto di nulla. Quelli erano i metodi
che il clan dei maestri insegnava loro sin da piccoli e che dovevano mettere in
pratica a partire dall’adolescenza, quando rimanevano soli, alla ricerca di un
territorio. E avrebbero potuto diventare anche immortali, se solo a un certo
punto non si fossero stancati di quella vita; ma molti suoi simili dopo qualche
secolo si lasciavano andare, e lui stava cominciando a comprenderli. Per questo
si riproducevano in pochi. Meno concorrenza, più territori, più cibo.
Ma c’era un’altra questione
in ballo, valutò, richiudendo la cassa, ovvero la possibilità di assumere
sembianze umane perenni. E quello poteva avvenire solo a seguito di un
accoppiamento con una strega, ripetuto in maniera regolare. Allora la
durevolezza della muta in sembianze umane avrebbe potuto sostituire il bisogno
di cibarsi di morte o l’arrendersi alla cenere.
Qualcuno ci aveva provato,
rifletté, ricomponendo il mucchio di terra, e ci era riuscito. Ma con l’aspetto
che si ritrovavano, quello era l’ultimo metodo di sopravvivenza da prendere in
considerazione.
Il tempo della muta durava
troppo poco per imbrogliare un guardiano, figurarsi per sedurre una strega.
Quando ebbe finito, trasse un
profondo respiro e lanciò gli occhi al cielo. Minacciava pioggia; ma, ora che
sentiva la forza prendere possesso delle sue membra, così come la carne umana,
provava il bisogno di liberarsi alla vitalità dell’aria aperta.
Lasciò scivolare a terra il
mantello sotto cui solitamente si nascondeva e osservò le braccia su cui la
carne e i nervi stavano prendendo vigore insieme al colorito. Lanciò uno
sguardo ai muscoli del ventre e del torace che si scolpivano, e alle gambe che
riempivano le brache, dandogli forza sugli stivali.
Il guardiano avrebbe
continuato a dormire per un po’, e lui aveva alcuni minuti di tempo per
sentirsi vivo.
Così prese la via d’uscita e
si avviò verso il bosco che sbocciava dietro il cimitero.
Non sembra cattivissimo, vero? E abbiamo intuito che potrebbe assumere diverse sembianze. Per saperlo con certezza, però, dovrete leggere Killer di cuori e altri semi ;)
Che la Dea vi benedica
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