Care consorelle
e confratelli,
ho deciso di
creare un post cumulativo per i diavoli gemelli di “Il diavolo e la strega”
perché, per quanto simili fisicamente e diversissimi caratterialmente, appaiono
come una sorta di entità collettiva, molto malvagia, e preferirei tenermene
alla larga. L’unico da cui si potrebbe cavare qualcosa di buono – forse – è il
protagonista, Nergal, di cui vi ho già parlato nell’articolo a lui dedicato, e
due fra i sei risultano assai marginali, quindi mi sarebbe parso illogico
costruirci sopra un intero post quando non l’ho fatto per personaggi della
trilogia delle Spose ben più cruciali quali Sabisto, Oliver, Ramòn, Timoteo e
Alis. Ma, data la struttura dell’intera opera, scovare materiale libero da spoiler
era quasi impossibile.
Chi sono questi
sei diabolici gemelli che competono per la prescelta? Chi sono i figli del
Diavolo che metteranno al mondo una creatura particolare lottando l’uno contro
l’altro come animali che si contendono un territorio? Teniamo fuori Nergal (che
si discosta dai fratelli per non essere bruno come loro, e neppure gli occhi
sono entrambi neri, ma uno ha ereditato dalla madre pagliuzze dorate), e
diciamo subito chi sono i due marginali: Samael e Aamon. Il primo (“«Buonaseraaaa»
strascicò una voce dal vano della porta, dov’era appena apparso un altro tizio
identico agli altri due, però con i capelli rasati e un cardigan multicolore su
cui campeggiavano Babbo Natale con slitta e renne annesse. «Chi abbiamo a cena
stasera?»”) ne è fuori per
il semplice fatto che è omosessuale, e inizialmente si mostra come il meno
pericoloso; talvolta capita che copra addirittura le spalle ai ‘buoni’, ma c’è
un programma in atto, e sia lui sia Aamon dovranno risultare determinanti,
procedendo nella narrazione. Quest’ultimo (“maglioncino grigio a rombi neri, i
pantaloni di velluto a coste e i capelli scompigliati in un taglio accidentale
che lo faceva rassomigliare a un giovane nerd”) si mantiene difatti in
disparte per una misteriosa impotenza che non gli permette di eccitarsi se non
di fronte a immagini pornografiche, ma il suo basso profilo dovrebbe
semmai mettere in guardia la
protagonista, se non fosse che la nostra Selene è all’oscuro del piano e non
crede nel soprannaturale.
Incontriamo il
primo, Alastor, colui che “si atteggia ad autorevole capobranco”, insieme a
Selene:
… non fece in
tempo ad avvicinare l’indice ancora scoperto e gelato al citofono, che uno
scatto aprì uno spiraglio di luce, e una sagoma maschile si delineò nel vano
del portone.
Sembrava sulla
trentina, di statura superiore alla media, e indossava un completo scuro di
taglio pregiato. I capelli lisci e neri si allungavano scalati fin sopra le
orecchie, lasciando scoperto un ovale regolare ma non particolarmente bello. Il
naso troppo grosso, le labbra femminee sulla pelle chiarissima, impreziosita da
un aristocratico pizzetto.
«È qui per il
colloquio?» le chiese con voce ferma.
Selene annuì,
pensando che invece quegli occhi neri fossero bellissimi. Affascinanti,
intriganti e...
«Vieni,
figliola!» berciò dall’interno una voce in cui Selene riconobbe quella udita al
telefono. «Diamoci tutti del tu!»
L’uomo si scostò
e la invitò a entrare con un galante cenno della mano. Un sorriso in parte
nascosto da mezzo inchino del capo.
I sei hanno
ovviamente poteri di seduzione che al di là di qualsiasi aspetto possono
risultare seducenti, e le armi di Alastor saranno proprio la compostezza e
l’apparente imperturbabilità. Anche se a volte i risultati migliori si
ottengono mostrandosi l’esatto contrario…
… stava per
raggiungere la macchina, quando due fari la colpirono all’improvviso.
Un’auto nera
sportiva sbucò dall’ingresso del vialetto e andò a piantarsi a due centimetri
da lei con uno smisurato stridio di ruote che fece friggere anche i lampioncini.
Come se la nebbia e le luci avessero subìto l’attrito.
Una cacofonia di
distorsori metallici proveniva a tutto volume dalle casse dello stereo e il
tonfo dello sportello che si apriva e richiudeva si confuse con i colpi della
batteria.
Ecco il quinto...
Uguale. Manco a
dirlo. Solo che indossava uno spolverino di pelle scura su cui spiovevano
capelli lunghissimi. Matita nera a sottolineare i soliti occhi. Guanti
anch’essi in pelle, che sfilò a rivelare non geloni ma cifre tatuate sulle
dita.
Ancora più
straniante, in lui, fu il sorriso cordiale che gli si stampò in volto.
«Che bella
sorpresa!» Voce calda come quella di Tamiel, allegra come quella di Samael.
«Chi ho il piacere di conoscere?» proseguì, tendendole quelle cifre tatuate.
«Asmodeo.»
«Selene» replicò
lei, quasi poco convinta di chiamarsi così.
«Incontro
mitico, oserei direi» ribatté lui, facendole l’occhiolino e attardandosi con la
mano nella sua. Anche se in tutta sincerità non le dispiaceva, perché... ecco,
in lui, il sorriso che rendeva gli altri più carini sortiva un effetto al
quadrato, facendolo apparire dannatamente sensuale. «E che ci facevi in questa
casa di pazzi?»
Forse, alla
fine, il più normale era lui.
«Sono passata a
parlare con...» esitò, «... tua madre, immagino.» Rise, sentendosi imbarazzata
dal magnetismo di quello sguardo, «per un colloquio di lavoro.»
Lui aggrottò le
sopracciglia, ma non parve contrariato. «Sarai mica la nuova badante?»
Finalmente le
aveva lasciato la mano. “Finalmente...”
«Devo ancora
riflettere su alcune cose.»
Tipo... dormire sotto lo stesso tetto con te.
Lui piegò la
testa da un lato, come per scrutarla meglio alla luce dei lampioncini. E
indugiò, a lungo, troppo, per non farla sentire insulsa e inadeguata nel
piumino sfigato.
«Su cosa
dovresti riflettere? Dimmi.»
Quel “dimmi”
sussurrato, lento, a occhi socchiusi, la colpì alla nuca, scivolò lungo la
spina dorsale e le si conficcò fra le cosce, per arrotolarsi infine intorno
alle gambe.
Gambe che
volevano muoversi all’indietro, per rientrare, firmare il contratto, o quel che
cavolo era, e rimanere lì a partire da quella sera stessa.
Ma un segnale
l’avvertì dell’arrivo di un sms e Selene ritrovò il suo autocontrollo.
Asmodeo è un
rocker vizioso quanto la madre. Non solo beve come lei, ma pare che la rendita
di famiglia derivi dalla sua pratica con le slot machine, deprecabile abitudine
che in casa è lodata e incoraggiata. Forse, però, il più pericoloso è il calmo
(lo è davvero?) e sensuale Tamiel, che sembra voler prendere i vantaggi
dell’uno evitando i difetti dell’altro..
C’era un tipo ai fornelli, di spalle, con indosso un ampio e
morbido maglione di lana nera e un paio di jeans strappati su anfibi sfibbiati.
Il look appariva il contrario di quello dell’altro, rimasto in salone, ma,
quando si voltò, il viso risultò identico. Forse più carino. I capelli più
corti. L’espressione più gioiosa. Sbarbato. «Ciao» le disse, semplicemente. Sì,
carino, parecchio.
«Muoviti, Tamiel!» bofonchiò Lilly, aggirandosi per la
stanza. «Ho fame.» Poi le rivolse uno sguardo complice. «Ti ci devi abituare,
io mangio presto» mormorò a occhi spalancati, quasi le stesse confidando un
segreto, «come all’ospedale.»
«Aspetto che le patate nel forno finiscano di cuocere»
ribatté l’altro, con un timbro caldo e pacato che infuse in Selene un profondo
senso di serenità. «Poi ti apparecchio.»
Talvolta lo
vediamo vagare per casa mezzo nudo, talaltra si
presta ad aiutare la protagonista in cucina...
... lui le aveva poggiato il mento nell’incavo della spalla,
per sussurrarle in un orecchio: «Va bene così?»
Non
proprio. O forse sì. Quel brivido lungo il collo non poteva essere male, no?
Cercò
di concentrarsi sull’impasto, allontanando con difficoltà l’ebbrezza provocata
dalle labbra di lui così vicine all’orecchio, dei fianchi che premevano contro
i suoi, nel movimento rotatorio della palla di pasta che andava a formarsi, nel
ricordo di quel girovagare
per la casa in camicia, mutande e anfibi per l’esuberanza dei termosifoni e del
camino.
Sì, Selene non sospetta
niente di paranormale, ma nel corso della storia qualche intuizione dovrà pur
arrivare?
E Selene si
sentiva a tratti tranquilla, a tratti turbata. La divertiva, l’allegria di
Samael, e tutto sommato la riposavano, i silenzi di Aamon. Ma i modi affettati
di Alastor la infastidivano, gli sguardi provocatori di Asmodeo la mettevano a
disagio, e la benevolenza sciorinata da Tamiel le infondeva sentimenti
contrastanti. Uno sembrava tirarsela per attirare le attenzioni; un altro, per
lo stesso motivo, pareva svendersi; l’altro ancora le richiedeva espressamente...
Che la Dea non li
benedica
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