"La condivisione, spesso muta, di sensazioni ora piacevoli ora sgradevoli, genera guarigione e porta a scelte imprevedibili." - dal blog "Sognando tra le righe"
Care consorelle e confratelli,
Tobei è un personaggio assai misterioso di Pandemonium Road (leggi qui la trama). Ombroso, veste sempre di nero, con occhiali scuri... inizialmente è chiamato perlopiù "l'asiatico", o "quello delle ronde dell'ex centrale di polizia." Di lui sappiamo poco, anche perché non apre bocca quasi mai e, se siamo a conoscenza del fatto che è stato infettato e - guarito - è entrato a far parte da immune dell'organizzazione capitanata da Raoul, è solo grazie ai discorsi di qualcun altro. Non ha mai paragrafi dal suo punto di vista.
Questo. però, potrebbe dipendere anche dal fatto che lo stesso Tobei, il 'nuovo' Tobei, sa poco di se stesso e deve ancora riprendere del tutto in mano la sua vita. Difatti, nei suoi momenti tipici di silenzio, sapendo quanto sappiamo su di lui, è facile capire che nel suo cuore c'è più di quanto potremmo aspettarci...
Questo. però, potrebbe dipendere anche dal fatto che lo stesso Tobei, il 'nuovo' Tobei, sa poco di se stesso e deve ancora riprendere del tutto in mano la sua vita. Difatti, nei suoi momenti tipici di silenzio, sapendo quanto sappiamo su di lui, è facile capire che nel suo cuore c'è più di quanto potremmo aspettarci...
Che la Dea vi benedica
«Ti preparo il
caffè» disse, correndo in tuta e scalza dalla camera alla cucina. «Senza
zucchero.»
«Grazie.»
E ora cosa gli chiedo? Da quale domanda parto?
«Ci sono
novità?»
Non che sperasse
in una risposta, ma almeno in un mugugno...
Così decise di
parlare lei stessa del più e del meno, della vita di tutti i giorni, di Sam, in
pratica chiacchierò da sola, o con il caffè che a poco a poco cominciava a
gorgogliare nella moka.
Glielo servì
come la volta precedente al tavolino del divano e si mise a scrutarlo in
trepidazione mentre lui sorbiva la bevanda con estrema lentezza.
A un certo punto
le parve che stesse per aprire bocca per dire qualcosa, ma poi lui scosse il
capo e rimase zitto.
Aisha attese
ancora, intanto che Tobei poggiava la tazzina sul tavolino e la schiena alla
spalliera del divano. Non seppe quantificare con certezza i minuti di silenzio,
ma era sicura che fossero stati molti, quando lui mosse di nuovo le labbra e
spalancò i palmi come per iniziare un discorso.
Eppure, anche
quella volta, non fiatò.
Aisha aspettò e
aspettò, ma Tobei non proferì parola.
Le sembrò che
fosse sul punto di parlare per un altro paio di volte, tuttavia lei non ebbe il
coraggio di spezzare la tensione, speranzosa che l’altro partisse.
Nel momento in
cui fu certa che fossero passati più minuti del solito dalla sua ultima falsa
partenza, sbottò: «Io vorrei sapere...»
«E anch’io avrei
bisogno di chiacchierare con qualcuno.»
«Ecco, e...» Ma
non riuscì ad andare oltre, perché, ripensandoci, quella frase la stava
spiazzando.
Lei era
concentrata su se stessa e sulla sua situazione, tanto da dimenticare chi e
cosa aveva davanti.
Pure lui aveva
bisogno di parlare con qualcuno?
Certo, lui non
aveva vissuto quello che stava vivendo lei, per il semplice fatto che lo aveva
subìto in prima persona.
Quello non
smorzava il lato egoistico di sapere quanto interessava a lei, ma guardò tutta
la storia da un altro punto di vista e si vide davanti un Jacko diverso, muto e
incomprensibile come Tobei, un qualcosa che non era più quanto lei aveva
conosciuto.
Non riusciva
ancora a comprendere gli accenni dell’asiatico al futuro, ma restò zitta anche
lei, in attesa sul divano, mentre Tobei fece per parlare ancora una volta senza
dire niente. Solo che, quell’ultima volta, il suo rimanere in silenzio le parve
più scontato e meno incomprensibile, come se quei silenzi le stessero comunque
raccontando una storia e tutto quanto di insopportabile, lacerante e indicibile
c’era dietro.
«Mi spiace, ma
non ci riesco» proruppe infine lui, alzandosi. Un mezzo inchino col capo, per
poi dirigersi verso la porta.
E avrebbe voluto
accompagnarlo, dirgli che, quando voleva, sapeva dove trovarli, ma rimase a
osservare la sua tazzina ancora piena.
Muta.
Sul divano.
Immagine: Pixabay
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