"Apparentemente timido, dolce, balbetta e
arrossisce quando gli si rivolge la parola. Ma di notte, si trasforma in un
uomo imprevedibile pieno di furia" - dal blog "La mia biblioteca
romantica”
Care consorelle
e confratelli,
all’interno
della villa di “Spettabile Demone”, dove Iris dovrà svolgere un lavoro per
ottenere in cambio tre milioni di euro, vivono cinque misteriosi e bellissimi
personaggi, e forse è quello “all’esterno”, per la sua doppiezza, il più mutevole
di tutti.
Il giardiniere
Theo si presenta all’apparenza come il collaboratore di Bastian più tenero e
remissivo, ed è così che inizialmente lo vediamo:
Solo in quel momento Iris si rese conto che qualcosa tra gli
oleandri alla sua sinistra si stava muovendo e scorse una figura china tra le
frasche con un paio di forbici in mano. Il giardiniere si alzò. Alto, biondo e
con gli occhi azzurri. Ovviamente. I capelli gli scivolavano lisci fin sulle
spalle e la barba incolta gli donava un aspetto selvatico che contrastava con i
lineamenti dolci. Il sorriso e il cenno del capo furono impercettibili, ma Iris
li accolse come un saluto, che ricambiò.
«Lui è Theo» esclamò Nadir, allungando il braccio verso
quello che Gaia avrebbe sicuramente descritto come il lupo mannaro del gruppo.
«Il giardiniere.» Chi l’avrebbe mai
detto? E lo osservò quasi divertita mentre si infilava la punta delle dita
della mano libera nella tasca anteriore dei jeans dondolandosi un poco,
evidentemente imbarazzato. Ma poi, per cosa?
Mentre Damien e Nadir bofonchiavano di proteine e di un
certo Zaccaria che era “di là”, Iris si soffermò ancora sull’immagine di Theo
che si grattava un sopracciglio e si rimetteva al lavoro. Sì, il signor
Blackdeeman si trattava decisamente bene.
Theo si voltò per un breve istante, poi tornò di scatto
sulla pianta, lasciando comunque intravedere il lieve rossore di cui gli si era
cosparso il viso al di sopra della barba. E non era stato per lo sforzo. Lì
davanti, nell’era di Internet e dei viaggi spaziali, c’era un bel ragazzo così
timido che era ancora capace di arrossire.
La constatazione
la fece sorridere e se ne sentì quasi rassicurata. Non era possibile fingere di
arrossire. Un po’ di sincerità, lì intorno, doveva pur esserci, dunque.
Le ultime parole
famose… o forse no?
Forse era proprio così, nel bene e nel male, e avrebbe
dovuto convincersi che, come riusciva a trovarla impreparata su piani negativi,
lo avrebbe fatto anche su quelli positivi.
Di sicuro, Theo
ci sorprenderà più volte nel corso della narrazione, perché, se di giorno è un
angioletto balbuziente, di notte diventa un barbaro impetuoso. Del resto, è pure
quello che con candore e purezza non tergiversa troppo con Iris in riferimento
alla sua vera natura di demone, ed è per merito suo se in definiva l’eroina accetta il
lavoro e questa storia può cominciare.
Accosciato
presso un’aiuola, liberava la terra dalle piccole e inutili erbacce, a mani
nude.
Lui alzò il capo
per un breve istante, sorridendo, poi riabbassò lo sguardo sull’aiuola e
afferrò le cesoie per eliminare dalla pianta qualche invisibile imperfezione.
«Buongiorno» gli
disse.
Lui evitò di
balbettare e le rimandò un nuovo cenno del capo e un nuovo sorriso. Un lieve
rossore gli era salito alle guance, riportando alla mente di Iris l’idea di
sincerità che le aveva trasmesso al primo sguardo. Così, d’istinto, uscì in
giardino e si diresse verso di lui, scrutando con attenzione ogni suo
movimento. Gaia probabilmente si sarebbe fidata di più di Edward mani di
forbice, ma Iris rimase in silenzio a osservare le dita affusolate che, senza
l’ausilio di guanti, si muovevano agili tra le frasche.
«Bisogna starci
molto dietro?» proruppe.
«Mi p-piace»
rispose lui.
«Sebastian dice
che le mansioni che vi ha affidato vi aiutano a scaricare la tensione.»
«Io f-facevo il
giardiniere anche p-prima di c-cadere.» Lui reggeva il gioco del padrone.
Niente sincerità. Speranze deluse. E ovviamente non la guardava mai negli
occhi. «V-vedo c-cose belle e mi r-rilasso.»
Volevo salutarti perché me ne vado.
No! Perché?
Perché mai avrebbe dovuto sentirsi in dovere di comportarsi in maniera educata
con un tizio che le aveva sbarrato la porta quando aveva tentato di fuggire?
“Attenti al Theo!” avrebbero dovuto esibire sul cancello del giardino.
«La macchina è
p-pronta» proseguì lui, sempre con lo sguardo rivolto alla pianta. «Hai già p-parlato
con Bastian?»
Abituata al
condizionatore della villa, l’aria del giardino le risultava troppo afosa. «Sto
andando adesso.»
E fece per
incamminarsi verso la porta, quando Theo la fermò.
«Aspetta!»
Quando si voltò
verso di lui, vide uno scintillio fra le sue mani. Le dita di Theo iniziarono a
plasmare qualcosa di mobile e luminoso e, mentre il cuore le batteva a mille,
il fulcro di colori prese a poco a poco le sembianze di un fiore dai petali
sottili e violetti. Per essere un gioco di prestigio era decisamente evoluto.
«C-come il tuo
nome.» E le tese il fiore. Gli occhi aperti, dilatati, immobili, cristalli.
«Iris.»
Lei allungò le
dita verso quel magico dono e si sentì travolgere da un’ondata di emozioni.
Forse “magico” non era la parola giusta. Non c’era niente di ricreato in
tutto quello, per quanto fino a quel momento il fiore non fosse esistito.
Perlomeno al di fuori del gioco. Non c’era niente di innaturale, se non una magia naturale. E adesso era lì, fra le
sue mani, quella piccola cosa vera di cui Iris aveva avvertito il bisogno poco
prima.
Un nodo di
emozioni le serrava la gola, il respiro e la voce e, se avesse deciso di
parlare in quel momento, avrebbe balbettato pure lei.
Aspirò il
profumo dei petali e si perse nello sguardo celeste di Theo, così diverso
da quello di carbone di Damien. Non avvertiva arrivare forzature dalla
sua mente, se non un’ultima muta, reale, implorazione a restare. “Per il suo
bene.”
E ogni pensiero
sembrava voler frenare quello che le si accalcava contro la fronte, contro la
gola, contro il respiro: l’idea che fosse tutto vero, che quel fiore fosse sul
serio sbocciato dalle mani di Theo, del demone caduto Theo. Un bravo ragazzo
che non meritava di stare lì.
E lei, lei se lo
sarebbe meritato?
«Theo, dimmi la
verità» riuscì infine a dire.
«C-cosa?» chiese
lui.
«Chi siete?»
Lui deglutì e
abbassò lo sguardo, ma lo rialzò presto nel suo. «Non hai c-creduto a Bastian?»
«Dovrei?» Rise,
amara. «Per il mio bene? O solo per il vostro?»
«P-purtroppo io
non ho un’altra v-verità.»
Era stato lui a
“lasciarsi sfuggire” quella parola durante il trambusto della sua tentata fuga.
Era stato lui a confessare candidamente quella che per Sebastian era la loro
reale natura. Era inverosimile, non voleva crederci, ma più che i secondi scorrevano
e più che si convinceva di tutto quanto.
Stava impazzendo
pure lei?
Sì, dato che le
sembrava sempre meno incosciente tentare, per tre milioni di euro.
Nessuno di loro
voleva farle del male. Forse. O almeno fino allo scadere delle due settimane.
E poi, perché
avrebbero dovuto farle del male? Non aveva scoperto niente di illegale, nessuno
avrebbe dovuto tapparle la bocca per qualche motivo, uscita da lì. Nessuno le
avrebbe creduto, se avesse raccontato quanto le era successo. E, se era tutto
vero, le avrebbero persino cancellato la memoria.
Tre milioni di
euro e quella villa.
Inspirò
profondamente e tornò con lo sguardo sul fiore. «Non ci credo» disse.
«Lo so» fu
l’unica risposta di Theo.
Avrebbe voluto
mettersi a piangere di rabbia e disperazione, ma tornò sui suoi passi e bussò
alla porta dello studio di Blackdeeman.
E, grazie a un
piccolo fiore, questa lettera si scriverà. Arriverà al destinatario? Sortirà
gli effetti desiderati? Lo potrete sapere solo continuando a leggere qui.
Che la Dea vi
benedica
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