"L'autrice (...) gioca a equilibrare il carisma di protagonisti statuari e potenti, con i loro punti deboli e i loro momenti di défaillance." - dal blog "Sognando tra le righe"
Care consorelle e confratelli,
nella scheda di presentazione di Pandemonium Road (leggi qui l'intera trama) di Jacko si legge: "è un
musicista che vive al nucleo Venti da quando è sbarcato dalle vecchie Americhe.
Uno dei transatlantici che recuperano uomini sui continenti più desolati lo ha
portato sulla Pandemonium Road con la sua ragazza Aisha, e insieme hanno
iniziato una nuova vita. Ma il destino di Jacko è segnato e il contagio lo
attende dietro l’angolo del garage. L’organizzazione del Dieci, però, sa
benissimo che alcuni infettati possono guarire grazie a un misterioso programma
di recupero..." Mi fermo qui, ma non sarà spoiler farvi intuire che in qualche maniera ce la farà, dato che nel romance l'happy end è tassativo. Il punto sarà scoprire come, quando e quali saranno le conseguenze. E non sarà semplice, perché, dato il problema specifico, i paragrafi dal suo punto di vista, a partire dal contagio fino alla piena guarigione, non potranno essere del tutto 'coscienti' e saranno costruiti in maniera bizzarra come discorsi liberi di qualcuno che sta cercando di ritrovare a poco a poco se stesso. E sicuramente sarà un se stesso assai diverso rispetto a quello iniziale, che vi mostro di seguito...
Che la Dea vi benedica
Era sempre
eccitante per Jacko guardarsi allo specchio mentre Aisha gli faceva la barba. I
dreadlock crescevano selvaggi ma curati per entrambi – per quanto, nonostante i
tempi che correvano, ci fosse ancora gente convinta che non si potessero lavare
– e per lui era maniacale soprattutto mantenere la sagoma del pizzetto scuro
che quasi si confondeva con la pelle caffellatte, leggermente più chiara di
quella di Aisha.
Originariamente
discendente – per diverse generazioni di deportati – afro, era ultimamente un
po’ cubano, un po’ giamaicano, ma aveva nel tempo inglobato anche ascendenze
sioux, irlandesi e olandesi, per cui la sua faccia, fra zigomi e labbra, andava
dal bianco colorato al nero smussato, e si rivelava un misto di geni che Aisha
descriveva in adorazione come “il meglio dell’universo”; cosicché lui cercava
di accontentarla mescolando all’r&b tanti elementi vari e variabili quali
pop, rock, soul, reggae, metal, ballate, violino, voglia di saltare, eros e
malinconia, nell’unica commistione fra generi – in tutti i sensi – razze e
colori ormai possibile e credibile sulla Pandemonium Road.
Scrutare la sua
donna di sbieco mentre si prendeva cura di lui e osservarla al contempo nella
lastra riflettente in quel gesto di estrema intimità e tenerezza lo riempiva di
gioia, e il momento che preferiva era quando i mugolii di concentrazione di lei
trasformavano a poco a poco quella gioia in qualcosa di più sensuale. Piccola e
minuta, Aisha doveva sollevarsi sulla punta dei piedi per seguire al meglio i
tratti del suo volto, e quell’instabilità rendeva le sue perdite d’equilibrio
più piacevoli che pericolose.
«Sei stupendo,
amore» mormorò Aisha. «Ancora non riesco a credere che uno come te abbia scelto
proprio me.»
«Sciocchina...»
replicò, per l’ennesima volta in sei anni. Sei anni che vivevano insieme in
quel nucleo numero Venti da quando erano sbarcati dalle vecchie Americhe. Si
erano conosciuti a bordo di uno dei pochi transatlantici che ancora
recuperavano uomini sui continenti più desolati, per radunarli sulla
Pandemonium Road, e avevano ricominciato in tre quella nuova vita.
Nel Venti non si
stava male. L’area era favorevole per clima e risorse, e diversi nuclei erano
organizzati a seconda delle varie culture, per favorire l’ambientazione. Lì
intorno vivevano perlopiù africani o neri già occidentalizzati nei tratti e nel
background come lui, ma la gente era comunque poca dappertutto e non era
difficile farsi spazio. Ultimamente girava pure un asiatico, doveva essere nel
giro delle ronde dell’ex centrale di polizia. Ovunque si parlava l’inglese
standard e per loro la lingua era stato l’ultimo dei problemi. Certo, quel
microcosmo non era un nuovo Eden. Tanti luoghi ormai assomigliavano o a
devastati territori di battaglia o a città abbandonate da decenni, e persino
all’interno dei nuclei numerose case e palazzi erano l’emblema del vuoto.
«Sì, sono una
sciocca, mentre tu sei l’uomo più intelligente del mondo.»
Gli dispiaceva
aver dovuto abbandonare i sogni di bambino. Aisha stava esagerando, ma, in
effetti, aveva sempre sperato di dedicarsi alla fisica o all’ingegneria
aerospaziale, per studiare l’eventualità di raggiungere nuove forme di vita.
Però che importava adesso al mondo degli extraterrestri o del suo quoziente
intellettivo ben oltre la media? Si occupava perlopiù del ripristino delle
abitazioni per una ditta senza nome del nucleo, e la sera, talvolta, portava
avanti la band rhythm & blues per divertirsi con gli amici del Venti.
«Chissà, magari
saranno gli alieni a venire da noi.» Era persuaso che Aisha lo avesse seguito
nei pensieri, da quanto non si nascondevano mai nulla. «Con tutto il posto che
c’è...»
«Così nel tempo
libero ti metterai a confabulare con loro» replicò, con una punta di acidità,
«e rientrerai prima la sera.»
«Uhm...» La
faccenda della band andava chiarita. L’eccitazione nel frattempo si stava
smontando, non pareva proprio il momento adatto.
Aisha cominciava
a essere un po’ troppo insofferente per i suoi gusti, visto che oltretutto non
aveva niente di cui preoccuparsi. Gli occhi per vedere le altre donne li aveva
come tutti, ovvio. E non nascondeva a se stesso di essersi lasciato travolgere,
mesi addietro, anche se solo con lo sguardo, da una bella ragazza fra il
pubblico che gli aveva dato la carica per arrivare fino in fondo, in una serata
disturbata dalla gelosa e inusuale presenza di Aisha. Si era addirittura
sentito in colpa nel rammaricarsi per non averla più vista. Forse era solo di
passaggio. Ma non avrebbe tradito mai la sua donna, sebbene lei si mostrasse
sempre impaurita, ritenendosi inferiore in tutto e per tutto. Però non poteva
negargli svaghi innocenti! Se continuava a rompere con quella faccenda della
musica e dell’educazione di Sam, di cui pretendeva il monopolio per questioni
di sangue, cominciava a infastidirlo sul serio. Ma la sera avanti aveva suonato
al pub del Ventuno e, quando gli show erano freschi, lei era sempre leggermente
più acre. Le sarebbe passata.
«Sto guardando
una storia di paura.» Sam era appena apparso nel vano della porta con la sua
aureola di fitti ricci e il visore portatile in mano. Appariva una versione in
miniatura di Aisha, ma era cresciuto assai da quando lo aveva conosciuto a
pochi mesi tra le braccia della madre, sul transatlantico. Il padre non aveva
voluto saperne, e lui lo aveva cresciuto come un figlio suo. «Ve la racconto?»
«E perché
vorresti spaventare pure noi?» gli chiese.
«Ascolta, c’è
una strana creatura fatta di gelatina che si chiama Blob» esordì il bambino,
facendo finta di non aver sentito la domanda. «Viene dallo spazio e si mangia
la gente.»
«Fico!» spalancò
gli occhi nei suoi.
«Lo stai
traviando» interloquì Aisha, con falso rimprovero. «Abbiamo già visto un sacco
di volte questa storia, è vecchissima.»
«Però è
divertente» le rispose, mentre lei gli stava tamponando gli ultimi residui di
schiuma da barba sulla faccia con la cocca di un asciugamano. «Così com’è
divertente quando mi senti suonare, vero Sam?» buttò lì, in cerca di un
alleato.
«Ma quand’è che
suoni in qualche posto diverso dal garage? Così posso venire anch’io!»
«Quando sarai
più grande» rispose Aisha, infastidita, tuttavia dando evidentemente per
scontato che lui non avrebbe smesso mai. Lo fece ridere.
«E nel garage
devo andare proprio adesso» sbottò, incamminandosi nel corridoio. «Ho da
cambiare una corda del basso. Vieni con me, campione?»
«No, voglio
finire di vedere il film» ribatté Sam, correndo verso la sua cameretta col
visore stretto fra tutte e due le manine.
«Non vai al lavoro oggi?» gli chiese Aisha.
«No, oggi non ce
n’è bisogno» disse lui, aprendo la porta d’ingresso. «Mi dedico al mio hobby
senza farti stare in pensiero.» E le rilanciò un occhiolino, uscendo di casa...
Immagine: 123rf/Elnur Amikishiyev
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