Qualcuno ha sentito la voce tra le righe?
Quando ho scritto e pubblicato Pandemonium Road, non c’erano ancora pandemie e scenari post-apocalittici nelle notizie. Il mostro divoratore di menti era quello che si era portato via mio padre e forse volevo esorcizzarlo, parlando di zombie ma anche di cose che ci mangiano da dentro.
I personaggi difatti non scappavano
dall’epidemia, quanto dalle dipendenze emotive, dal loro passato scollato dal
presente; non lottavano per la sopravvivenza, quanto per proteggere ciò che
rimaneva di loro stessi e per tenere insieme i pezzi. Per questo sono
affezionata al sarcasmo della cyborg Krista, perché, nella sua umanità
imperfetta, è quella che riesce meglio a restare viva, dentro.
Magari,
per questo, prima ancora che arrivasse la vera pandemia, avevo già bisogno di
una via d’uscita, di ironia, di colore.
In un mondo in cui l’umanità si è ritirata su una
strada che attraversa un continente, dunque, per me la Pandemonium Road è sì una
lunga ferita, ma anche una liberatoria corsa in macchina con i finestrini
abbassati. E la musica a palla.
Nessun commento:
Posta un commento