mercoledì 7 maggio 2025

Archeologia stregata #3 Le streghe della porta accanto

Qualcuno ha sentito la voce tra le righe?

Dopo l’azione serrata e i risvolti apocalittici di “Pandemonium Road”, dopo il dramma che ne aveva accompagnato la genesi, avevo bisogno di respirare. E ridere, soprattutto. Ogni autore scrive ciò che vorrebbe pure leggere, in un determinato periodo della sua vita, e io volevo qualcosa di leggero, ironico, con tanti disastri, sì, ma spruzzati di glitter stregonesco.

Così è nato “Le streghe della porta accanto”: una sorta di famiglia acquisita che mi ha fatto compagnia, con un tetto condiviso, qualche pozione preparata con quello che c’era in dispensa e un gatto che, per me, in una casa, non può mai mancare.

C’era una ragazza che aveva appena scoperto di essere una strega, ma con il quoziente intellettivo sotto il tacco dodici; una zia che sapeva di esserlo da anni, ma che talvolta avrebbe preferito ignorarlo. Poi, gli uomini della villetta di fronte: uno troppo scanzonato, l’altro troppo composto. Tutti e due in grado di scombinare gli equilibri, magici ed emotivi, del duo di partenza.

Tra la burbera foto animata della defunta zia Gigliola e il fantasma di Ignazio, chiamato ormai da troppi anni fuori dall’urna per far rivivere un amore ormai morto, mi sono sentita a poco a poco avvolgere in un bozzolo di serenità divertita, qual era il mio scopo primario.

Ne è uscita una fiaba col rossetto un po’ sbavato e il salotto sempre in disordine, con quelle scope che sembrano dimenticate lì per farti inciampare, proprio quando credi di aver risolto tutti gli inghippi.

Ma, a volte, è giusto quando inciampi che si produce la scintilla necessaria per innescare la magia.



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