Qualcuno ha sentito la voce tra le righe?
Nella mia ‘vita precedente’, prima che
arrivassero i contratti e le collane editoriali, c’erano altri patti: quelli
stretti tra stanze d’università, letti sfatti e sogni pieni di nebbia e magia.
Le Spose della notte non è solo un mondo
racchiuso in una trilogia fantasy, ma una casa stregata costruita insieme alle
mie sorelle, quelle non di sangue bensì di spirito. Quelle che ridevano, piangevano
ma lottavano, e alleggerivano la realtà con una tazza di tè e un incantesimo
giocoso.
Quando l’ho scritto, nel 2011, ripensando alla
‘nostra’ casa stregata, sembrava che tutti e nessuno volessero questo genere.
Le mie storie femminili erano troppo poco fiabesche, i personaggi fuori dalle
righe, i ribaltamenti strutturali all’epoca inaccettabili: il buono è diventato
grigio? L’innamoramento si sposta? Il colpevole si redimerà? Era inammissibile, anni fa. Oggi lo chiamano
dark. Allora non aveva nome.
C’era Fulke, contro la cui ‘eliminazione’ mi
battei, e declinai l’offerta di un grosso editore a favore del progetto self
del 2015. Troppo fuori tono, troppo ambiguo, questo ‘tizio’, parlava strano,
pensava strano. Non funzionava come ‘eroe.’ Sembrava inadeguato. Ma non lo era.
Era solo nel libro giusto al momento sbagliato. All’epoca non si parlava di
ambiguità morale, né di protagonisti che spiazzano. Ora esistono etichette per
tutto, anche per gli incantesimi storti.
C’è pure Elias, certo, il mio personaggio che più
amo in assoluto, e con cui non cercavo di anticipare nulla. Solo raccontare le
sfumature, i disorientamenti, i cambi di rotta per gli incantesimi del cuore e
del passato. Le lettrici che ci sono passate lo sanno. Ma ciò che mi rimane è
che prima di lui ci sono loro: le spose, le amiche, le radici.
Quelle che restano per sempre, anche quando tutto cambia.
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