Il patto/contratto nei miei romanzi
L’elemento del patto o contratto, per me, non è
un semplice espediente narrativo, bensì una struttura fondante del conflitto e
della trasformazione dei personaggi; più che giuridico, è metafisico: il
momento in cui il personaggio rinuncia a una parte di sé per ottenere qualcosa,
oppure viene messo di fronte al vero significato della propria libertà; innesca
ambiguità morale, perché chi propone il patto (demoni, stregoni, consiglieri,
etc.) spesso non è né bianco né nero, ma costringe il protagonista a misurarsi
con il suo grigio; serve a smascherare l’inganno del mondo, in quanto specchio
deformante della realtà: ciò che sembra un’opportunità si rivela una trappola, oppure
ciò che appare come costrizione si apre alla verità.
In “Spettabile
Demone”, Iris accetta tre milioni per un incarico vago e apparentemente
innocuo. Il contratto fisico non c’è nemmeno. C’è un patto verbale,
squilibrato. Una truffa?
Selene di “Il
Diavolo e la Strega” si trova nel cuore di un intrigo genetico e mistico, apparentemente
non negoziabile. Il contratto viene firmato, sì, ma è in realtà preesistente,
mitologico. Riuscirà a sovvertirlo?
“Le Spose
della Notte” si muovono in un sistema magico-politico dove ogni alleanza è una
forma di contratto non scritto. Il vero contratto è emotivo: chi salva chi, chi
protegge chi, e a che prezzo?
In “Legione
magica” il patto è addirittura karmico, basato su reincarnazione, colpe passate
e tentativi di redenzione. Non è firmato, ma inciso nelle anime.
“L’Alchimista
Innominato” non firma nulla, ma scopre che solo l’unione predestinata con Lucia
potrà trasformarlo: la scelta amorosa è un patto con il sé più profondo. Roderico
è l’unico che vuole un contratto in senso stretto (matrimoniale), ma è anche il
più cieco.
Contratto
dunque come dispositivo rivelatore: mette a nudo ciò che il personaggio crede
di volere e ciò che davvero gli serve; rovescia il potere: chi propone il patto
sembra forte, ma è lui a essere in trappola; spesso è già attivo prima
che venga esplicitato: il personaggio non si mette in moto con un contratto, la
storia è già partita da sé.

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