Cosa c'è di vero nelle scoperte del leggendario Schliemann?
Nel 1868, il dilettante
milionario Heinrich Schliemann realizzò il suo sogno e quello di tanti altri
lettori scoprendo i resti della vera Troia omerica. In seguito ritrovò il
tesoro di Priamo e, con gli scavi compiuti fra Micene, Orcomeno e Tirinto, la
maschera funeraria di Agamennone. Figlio di un pastore luterano, aveva deciso
di diventare commerciante proprio per realizzare questa chimera, motivo per cui
le diffidenze del mondo accademico lo perseguitarono fino a farlo diventare una
leggenda. Tutti avevano la mappa, ma solo lui, grazie alla lettura ingenua ma
attenta dei poemi, aveva scoperto il tesoro. Avventuriero? Predatore? Solo
malelingue o c’era un fondo di verità? In realtà, tutte le ricchezze finirono nei musei d’Europa, dunque potremmo pensare che si trattasse di un appassionato
che, grazie allo spirito imprenditoriale, era riuscito a raggiungere il suo
scopo. Da lettere e diari, però, scopriamo che alcuni dati sono stati
distorti, se non addirittura
falsificati. Per la Dea Kubaba-Kybele! Io non voglio farne un eroe, ma nemmeno un
delinquente.
Non piace a tutti
continuare a sognare? Dettaglio in più, dettaglio in meno...
Pare che la cittadella fosse la
maggiore della Troade, area ittita dell’attuale Turchia. I due edifici
centrali, il palazzo reale e il Tempio, contrastavano in mole con le case
addossate internamente alle mura, e facevano spiccare, in lontananza, lo
spiazzo nella pavimentazione adibito a serbatoio, giusto a est delle macerie
della larga cisterna esistente prima del terremoto di molti anni prima. Si
trattava della fonte d’acqua pubblica. Altre provvigioni d’acqua erano
collocate nei pavimenti a nido d’ape delle abitazioni, come deposito, sotto il
livello del suolo, oppure nelle giare usate anche per l’olio d’oliva - mai
trovata fu più funesta, se la leggenda è realtà... - a piano terra, poiché
nelle case si viveva al primo piano, e a quello inferiore, utilizzato di solito
come magazzino, si giungeva tramite scale.
Adesso immaginiamo Omero che ci
racconta di questi principi nemici che volevano il controllo della thàlassa.
Selvaggi, come se non avessero visto il mare prima d’allora, pretesero
d’imporre in ogni modo la loro egemonia sull’Elléspontos. Arrivarono così i
rozzi pastori di Knossòs, gli scaltri pirati di Ithàke, gli artigiani di Pylos,
gli statuari ladroni di Mikene e i maledetti assassini della Thessalia.
Ma agli avidi Mikenaìoi, in
verità, poco importava la costruzione di colonie su quelle terre. Una volta
impossessatisi di un ricco bottino, preferirono tornare a casa. Il bramato
transito delle merci, attraverso il canale dell’Elléspontos, permise loro di
spremere le miniere d’oro, argento, piombo e zinco; di catturare i tonni del
canale e di estirpare le foreste, da cui ricavarono il legname necessario alla
costruzione di nuove navi.
Le Dea ci canterà tuttavia in eterno l’ira funesta
del Pelìde Achille.
Per saperne di più:
Leo Deuel – Sulle tracce di
Heinrich Schliemann (Garzanti)
David A. Traill – La verità
perduta di Troia (Newton Compton)
Paul Faure – La vita quotidiana
in Grecia ai tempi della guerra di Troia (BUR)
James G. Mcqueen – Gli Ittiti
(Newton Compton)
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