Care consorelle
e confratelli,
numerose
leggende ruotano attorno alla figura di San Nicolò, soprattutto nella
tradizione nordica.
Vescovo, perse a poco a poco i segni episcopali,
conservando la bontà; il mantello si trasformò in veste rossa orlata di pelliccia,
e il cappuccio a punta sostituì la mitra.
Queste caratteristiche riecheggiano
festività precristiane, come i Saturnali dell’antica Roma, così come succede
per tutte le feste cristiane andate a sovrapporsi a feste precedenti, che la
Nuova Religione voleva debellare, come Samhain/Ognissanti. Il viaggio della
slitta, difatti, non è altri che il passaggio dalla lunga notte artica alla
luminosità del nuovo anno (stesso concetto alla base di tutte le altre
religioni pagane, incentrato sulla notte più lunga
dell'anno, e il sole che ricomincia a crescere dal giorno successivo). E
grazie a Saturno, sotto il cui regno l’umanità aveva vissuto la mitica età
dell’oro, venivano sospese le attività lavorative, e persino gli schiavi
potevano sedere a tavola con i padroni. Era costume scambiarsi doni, darsi a
danze, banchetti e giochi.
Nell’Europa centrale vengono celebrati diversi
rituali rievocativi e folkloristici con protagonista San Nicolò (ovvero “Santa
Klaus”), soprattutto scontri fra due attori che impersonano l’uno le forze
delle tenebre, del gelo, dell’inverno e della natura addormentata, e l’altro
quelle della luce, della primavera e della fertilità.
Il nostro Trentino è
probabilmente la regione più ricca, in questo senso. A Penia, per esempio, San
Nicolò viene festeggiato il 6 dicembre, quando i bambini gli inviano letterine
per esprimere i loro desideri. La sera successiva, un rumore di catene per le
strade annuncia ai bambini l’arrivo del Diavolo che punirà coloro che hanno
combinato qualche marachella. Questo Diavolo però viene riportato all’ordine da
San Nicolò, che interroga i bambini sulla loro condotta e distribuisce doni. In
Tirolo, si aggira per le vie di Stelvio insieme a quattro angeli che portano
una lanterna per fugare il buio, le verghe per punire i bambini che si sono
comportati male, e i doni. Compaiono però anche un diavoletto e gli spiriti del
male. Questi spiriti compiono una sorta di rito di iniziazione sui
quattordicenni, incatenandoli in mezzo alla piazza e trasformandoli in asini. La processione ha comunque termine con la vittoria del bene sul male.
Le curiosità
da riportare sarebbero tantissime, ed è impossibile approfondirle in questa sede;
però vi consiglio il saggio di Maria Altiero “La mascherata dei Ciusi-Gobj”
(Edizioni Scientifiche Italiane) dove potrete trovare molti altri racconti
relativi alle tradizioni soprattutto del Nord Italia e del Trentino Alto Adige.
Che la Dea vi
benedica
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