Il problema
della Resurrezione: Oratorio o Cantata sacra?
Forse vi sembrerà stano che Anonima Strega posti un articolo
sulla Resurrezione di Cristo, ma nella storia gli dèi assumono tanti nomi, e a
me piace risolvere enigmi riguardanti le mie passioni, fra le quali ci sono le
strutture narrative, la storia e la musica, dalla cosiddetta ‘colta’ all’heavy
metal.
Composta nel
marzo del 1708, quando Händel era impiegato a Roma presso il marchese Ruspoli,
su libretto di Carlo Sigismondo Capece, La Resurrezione fu eseguita a Roma sotto
la direzione di Corelli l’8 aprile dello stesso anno.
In molti
affermano che si tratta di un Oratorio, altri di una Cantata sacra. Vediamo un
po’ in cosa consiste questo problema luciferino…
“Lucifero torna
trionfante all’Inferno perché Cristo è morto, ma uno stuolo di angeli si presenta
alle porte del suo regno. Uno di questi gli annuncia che gli abitanti
dell’Abisso stanno esultando invano: Cristo, benché morto sulla terra, è
risorto nei cieli. Nel frattempo, la Maddalena supplica il sonno di non
prenderla, così potrà esaurire tutte le lacrime. Cleofe le consiglia di
riposarsi, ma poi si unisce al suo dolore. A consolarle giunge San Giovanni,
che le fa sperare nella resurrezione di Cristo, nel terzo giorno dopo la morte.
Le due donne, rincuorate, decidono di recarsi al sepolcro, e l’angelo esorta
tutti, anche i caduti, a gioire per questo giorno. All’alba, Giovanni, avvicinandosi
alla casa di Maria, si augura che la speranza abbia lasciato il posto alla
fede, mentre prosegue il dialogo tra l’angelo e Lucifero, che si sente
oltraggiato, e ha intenzione di confondere le idee degli uomini. Maddalena e
Cleofe stanno per raggiungere la tomba, e Lucifero si dispera, perché qui, le
donne troveranno l’angelo, che annuncerà loro la resurrezione di Cristo. Cleofe
riferisce le sue parole a Giovanni, che a sua volta parla della visita fatta da
Gesù a Maria. Il dialogo è interrotto dall’arrivo di Maddalena che descrive l’incontro
avvenuto con Gesù, riconosciuto nel guardiano dell’orto. Giovanni incoraggia a
lasciare perdere ogni dubbio e tutti esultano.”
Nell’autunno del
1706, Händel giunse in Italia, dove divenne famoso, soprattutto nel primo anno
di permanenza, per la composizione di Cantate da chiesa e non. Il genere da
attribuire a quello che per alcuni è il suo primo Oratorio (Il Trionfo del
Tempo e del Disinganno) è ancora in discussione, anche se, l’assenza di
personaggi appartenenti alla storia sacra e di una vera e propria azione
scenica, dovrebbe sciogliere ogni dubbio in merito al fatto che si tratti di
una Cantata morale.
Diverso è il
problema per quanto riguarda quello che, da varie fonti, è considerato il suo
primo, vero e proprio Oratorio: La Resurrezione (1708). Qui ci troviamo di
fronte a due parti distinte l’una dall’altra, divise a loro volta in scene.
La prima scena della
prima parte si svolge nell’Abisso e ha come dialoganti un angelo e Lucifero; la
seconda porta in primo piano Cleofe e Maddalena; nella terza compare San
Gioavnni e nell’ultima l’esortazione dell’angelo, che si chiude con un coro.
Nella prima
scena della seconda parte abbiamo il monologo di Giovanni che si avvicina alla
casa di Maria; nella seconda ancora un dialogo tra l’angelo e Lucifero; nella
terza Maddalena e Cleofe si appressano al sepolcro; nella quarta il monologo di
Lucifero perdente e, infine, la scena conclusiva che porta in primo piano, in
maniera alternata, Cleofe, Maddalena, l’angelo, Lucifero e Giovanni, più il
coro di esultanza per la resurrezione.
Fin qui non ci
sarebbero problemi nell’attribuire il genere al lavoro di Händel, se non fosse
che, persino il suo primo biografo, Mainwaring, parla della Resurrezione come
di “una specie di” Oratorio e, analizzandolo bene, si scopre che le azioni sono
ben poche (per i ‘profani’: l’Oratorio dovrebbe avere una struttura narrativo-drammatica,
a differenza della Cantata, che si articola in una successione di brani). Tutto
ciò che di movimentato c’è nella storia, infatti, è raccontato dai personaggi
in un secondo momento, dalla visita di Giovanni a Maria (e quella stessa di
Gesù alla madre), alla resurrezione.
Si tratta quindi
di una Cantata sacra?
Io propenderei
per il no. Se si pensa che l’Oratorio fu ideato anche come alternativa agli
spettacoli operistici nel periodo quaresimale, l’argomento di questo lavoro
potrebbe addirittura portare a ipotizzare una presunta idea di Händel di
ricavarne una vera e propria Opera (la sua prima Opera italiana, Il Rodrigo,
risale all’ottobre/novembre dell’anno prima); notare che La Resurrezione è
stata composta proprio nel suddetto periodo (e non solo rappresentata) aggiunge
peso all’ipotesi di vederla come un dramma.
Nel corso del
XVIII sec. la forma dell’Oratorio si avvicinò allo stile sia della Cantata sia
del Melodramma, e diventò quasi impossibile distinguere un Oratorio con azione
scenica esigua da una Cantata sacra.
E, a questo
punto, posso tornare al problema di partenza, e trovare, nell’incontro davanti
al sepolcro, soprattutto negli attimi immediatamente precedenti, un punto di
tensione non indifferente in cui il dramma (Cristo è risorto? Cristo
risorgerà?) viene sciolto dal personaggio dell’angelo, il quale annuncia che
Cristo è già risorto; ma la tensione ancora non scende, perché Maddalena e
Cleofe vanno alla sua ricerca e, anche se il riconoscimento non avviene davanti
agli occhi degli spettatori, le parole di Maddalena: “Cleofe, Giovanni,
udite,/Udite la mia nuova alta ventura!/Ho veduto in quell’horto il mio
Signore” suonano come una risoluzione finale.
E se la
trascrizione del Prof. Gugler dice il vero (visto che esiste l’autografo di
H.), l’iscrizione “Fine dell’Oratorio” alla conclusione della partitura e le
stanghette orizzontali fra scena e scena del testo (come a sottolineare il
passaggio dall’una all'altra) non sono indizi da poco.
A questo punto è
facile immaginare il canto degli angeli provenire dalle finestre sopra l’altare
dell’Oratorio...
Al di là del
tema ostico o, per contro, il celebre Hallelujah dal Messiah, di Händel vi
consiglio di ascoltare il Trionfo del Tempo e del Disinganno (di cui vedete in
foto l’inizio della partitura), contenente la sua aria più famosa, “Lascia la
spina”, poi diventata “Lascia ch’io pianga” nel Rinaldo.
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